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Carlo Nordio, gioco sporco di stampa e sinistra sul caso-Almasri: l'asse per colpirlo

di Brunella Bolloligiovedì 10 luglio 2025
Carlo Nordio, gioco sporco di stampa e sinistra sul caso-Almasri: l'asse per colpirlo

3' di lettura

All’opposizione non sembrava vero. Prima l’avventura di Matteo Piantedosi, con il presunto respingimento in Libia del titolare degli Interni (che invece è stato solo un incontro saltato), poi il ritorno del cosiddetto caso Almasri con un retroscena comparso ieri a giornaloni unificati con aggiunta del Fatto quotidiano, foglio vicino alle procure. Succo dei pezzi: il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, e i suoi collaboratori di via Arenula hanno mentito sul generale libico arrestato a Torino il 19 gennaio e rimpatriato due giorni dopo con un volo di Stato italiano. Si sono perfino adoperati per tenere segreta la gestione dell’arresto del potente capo di Mitiga, accusato in patria di varie nefandezze, dai crimini di guerra agli stupri di minori. Le nuove rivelazioni sarebbero contenute nelle carte del Tribunale dei ministri che ha concluso l’indagine sulla mancata consegna del presunto torturatore alla Corte penale internazionale.

I giudici dell’Aia avevano emesso un mandato di cattura internazionale, guarda caso proprio quando Najeem Osama Almasri, dopo avere viaggiato per mezza Europa da uomo libero, ha messo piede in Italia per andare allo stadio a vedere la Juventus.

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Una vicenda che già allora aveva scatenato le ire del centrosinistra con il ritornello del «governo Meloni ostaggio della Libia», ma ora, dopo la lettura dei tre articoli, ancora di più: a Palazzo Chigi «non sono solo ricattati dai libici, sono pure bugiardi». E giù la batteria di dichiarazioni di Pd, M5S, Avs, Iv per l’occasione uniti come non si vedeva dai tempi delle elezioni in Abruzzo (peraltro perse).

Interrogazioni parlamentari pronte e un bersaglio comune da centrare: Nordio. Il quale aveva già dato la sua versione dei fatti in Parlamento, ma ora non basta. «Deve venire in Aula a riferire», ordina l’opposizione. Anzi: «Il ministro Nordio si deve dimettere subito», insiste il capo M5S Giuseppe Conte, mentre la segretaria dem, Elly Schlein, si rivolge direttamente alla premier Giorgia Meloni: «Torni alle Camere a chiarire una vicenda che danneggia la credibilità dell’Italia».

Sia la premier che il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, oltre ai ministri Nordio e Piantedosi, sono indagati per favoreggiamento e peculato (il Guardasigilli anche per omissione d’atti d’ufficio, dopo l’esposto dell’ex dipietrista Luigi Li Gotti) e sono difesi da Giulia Bongiorno. La penalista ora valuta una denuncia contro ignoti per divulgazione di atti coperti dal segreto. Le carte dell’indagine del Tribunale dei ministri di cui alcuni cronisti sono venuti in possesso non sarebbero infatti dovute uscire, tanto più che non erano ancora arrivate alle parti. In sintesi: un altro episodio di fuga di notizie ai danni di big del governo, accusato, invece, di spionaggio, tramite Paragon, contro attivisti e giornalisti, in un corto circuito mediatico-giudiziario che ha un filo conduttore: l’immigrazione clandestina.

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La polemica sulla gestione del libico Najeem Osama Almasri ha l’obiettivo di screditare l’operato del ministro della Giustizia e del suo staff, a cominciare dalla capo di Gabinetto Giusi Bartolozzi, che consigliò ai magistrati del Dipartimento degli affari di Giustizia (Dag) «massimo riserbo e cautela» nel passaggio delle informazioni, magari optando per Signal. Ma finora non pare questo sia un reato. In quanto alle responsabilità del Guardasigilli sulla consegna del libico, Nordio aveva 20 giorni ma è stata la Corte d’Appello su indicazione del Pg a scarcerare Almasri.

Però la sinistra pretende un’altra spiegazione in Aula. «Non sarà domani, il governo sta valutando. Ci vuole tempo a organizzare un’informativa», ha tagliato corto il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. Intanto, a Tripoli, la procura generale ha emesso un ordine formale di comparizione nei confronti dell’ex capo delle temute prigioni libiche in relazione alle imputazioni del mandato di arresto della Corte penale internazionale. E anche questo all’opposizione non sembrava vero. Per tre giorni la polemica è servita.