Carlo Nordio, le ridicole accuse dei magistrati contro il ministro

L'Anm: "Osteggiava la separazione delle carriere". Ma era il '94 e il Guardasigilli non l'ha mai negato: "Dopo il suicidio di un indagato ho cambiato idea"
di Giovanni Sallustivenerdì 25 luglio 2025
Carlo Nordio, le ridicole accuse dei magistrati contro il ministro
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Chi scrive aveva undici anni, Silvio Berlusconi aveva appena sbaragliato la gioiosa macchina da guerra progressista ma non si era ancora insediato col suo primo governo, il Milan stava per vincere la sua quinta Coppa dei Campioni battendo 4-0 il Barcellona. Parecchie ere fa, sotto qualunque punto di vista, politologico, calcistico, esistenziale. All’inizio di maggio del 1994, accadeva persino che un piemme neanche cinquantenne in servizio presso la Procura della Repubblica di Venezia firmasse insieme ai colleghi un appello contro la separazione delle carriere tra “magistrati con funzioni requirenti e funzioni giudicanti”. Il piemme si chiamava Carlo Nordio: lo scoop (lievemente) post-datato non è della Società Paleontologica Italiana, bensì dell’Associazione Nazionale Magistrati, che lo ha pubblicato sul sito della propria rivista, “La Magistratura”.

Da lì, la (non) rivelazione è rimbalzata sulle home page di tutti i siti di giornaloni e di giornalini, ha monopolizzato a lungo le aperture e i lanci (all’indietro) d’agenzia, trasformando la giornata di ieri (ma era ieri, poi?) in un paradosso temporale che nemmeno Albert Einstein aveva codificato tra gli esiti più estremi della relatività generale. Sotto il titolo che senz’altro non difetta di autostima “Il documento esclusivo”, il giornale online delle toghe ha presentato questo scritto di poco successivo al Codice di Hammurabi: 3 maggio 1994, trattasi di fax (primitivo mezzo di comunicazione, o meglio di trasmissione, che caratterizzava quest’età tecnologicamente arretrata) spedito dalla procura del capoluogo veneto alla sede romana dell’Anm, che riferiva l’adesione della prima al comunicato della seconda contro la divisone delle carriere.

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Tra i firmatari, appunto, “lo stesso Carlo Nordio” che “oggi dà il nome al disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere”. Non c’è dubbio: è lo stesso Nordio, nel senso che è la stessa persona, stesse membra, stesso sistema nervoso, stessa anima per chi ci crede. In mezzo, ci sono solo trentuno-anni-trentuno, uno in più della famosa Guerra che ridisegnò l’Europa nel Seicento, per dire quante quisquilie possono accadere in tale trascurabile lasso di tempo. Può accadere persino, per quanto sia incredibile, che la persona cambi idea. E non ieri o l’altro ieri (ammesso tali termini abbiano ancora senso per le toghe fluttuanti in un post -universo quantistico, ma sono quelli di cui disponiamo noi poveri mortali del tempo lineare), bensì una manciata di mesi dopo il famigerato appello, già nel 1995.

Come ha spiegato “lo stesso” Nordio all’Ansa: «Ero contro la separazione delle carriere perché auspicavo che la magistratura restasse compatta, in tempo di stragi e tangentopoli». Poi, accade persino che la vita scorra, anche tragicamente, e che si abbia perlomeno la possibilità di imparare da essa: «Ci fu il caso del suicidio di un indagato in una mia inchiesta a Venezia. Da lì capii che si stava esagerando e nel 1995 cambiai idea, tanto che anche alcuni giornali il giorno dopo titolarono su questa mia nuova decisione». Quindi, se l’Anm avesse voluto, avrebbe trovato altri documenti (poco) esclusivi e (molto) datati, che testimoniavano il cambio di prospettiva radicale dell’attuale guardasigilli. Un mutamento peraltro non capriccioso, ma saldato in un vissuto di dolore e riflessione, che portò a quella che ci sembra sostanzialmente la posizione odierna di Nordio: il giustizialismo è nemico supremo della giustizia.

Ovvero, a essere pignoli (è sempre meglio che ciascuno si occupi del suo) la notizia è: il ministro la pensa allo stesso modo da trent’anni, dalla fine dell’altro millennio. Tanto che ha raccontato: «Nel 1997 fui chiamato dai probiviri dell’Anm per rendere conto delle mie idee, che ribadii». Qui il cortocircuito è completo, l’orizzonte degli eventi si chiude sopra di noi e non ci raccapezziamo più: l’Associazione Magistrati ventotto anni fa rimproverava a Nordio per accusarlo di eresia le idee opposte a quelle da lui sostenute trentuno anni fa, che la stessa Associazione utilizza come parametro nell’anno del Signore 2025 per accusarlo di incoerenza. E gran parte dell’informazione nazionale insegue e amplifica questo contorcimento spazio-temporale. C’è un’alternativa: che non si tratti di un dilemma della fisica, ma di un espediente dell’ideologia. No dai, è inverosimile.

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