Strage di Bologna, le sentenze si rispettano ma si possono criticare (e non solo da sinistra)

di Daniele Capezzonedomenica 3 agosto 2025
Strage di Bologna, le sentenze si rispettano ma si possono criticare (e non solo da sinistra)
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Le sentenze vanno rispettate? Certamente, senza alcun dubbio, in particolar modo quelle definitive. Non si scappa. Ma almeno si possono discutere? Ad avviso di chi scrive, sì, sempre. Puoi, anzi devi rispettarle: ma nessuno può privarti della libertà intellettuale di non esserne convinto, in tutto o in parte. A meno che non si sia già entrati in una dimensione religiosa, di pura fede, applicata però ai verdetti dei tribunali.

In una memorabile (e dolorosamente sarcastica) pagina del Il contesto, Leonardo Sciascia attribuisce a un altissimo (e pessimo) magistrato la seguente tesi: con la sentenza la giustizia si compie sempre, esattamente come in una Messa, per il credente, pane e vino diventano corpo e sangue di Cristo. Lo scrittore siciliano fa capire al lettore: c’è da stare in guardia quando un’attività laica, umanissima, e come tale fallibile, viene equiparata a un miracolo, in quel caso alla transustanziazione.

Eppure la sinistra sembra un po’ come quel magistrato descritto da Sciascia. O meglio: i compagni ritengono che la possibilità di discutere dei verdetti giudiziari sia intermittente, valga solo a giorni alterni. Se ne può discutere (meno male, sacrosanto) per le condanne di Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani a proposito del delitto Calabresi, ma non se ne può discutere (e come mai?) per Francesca Mambro e Valerio Fioravanti a proposito della strage di Bologna. Oppure lo si può fare- liberamente - solo se si tratta di “pura” cronaca nera: da Erba a Garlasco. Ma se ci sono di mezzo la politica e soprattutto i “neri”, allora no, assolutamente no.
Una volta - anche in area progressista non c’era questo approccio del tutto intollerante. Molte personalità di diverse culture (alcuni di area radicale, altri verdi o variamente di sinistra) fondarono diversi anni fa, proprio sui fatti di Bologna, un comitato significativamente intitolato “E se fossero innocenti?”. Dove la cosa più significativa - rispetto a Mambro e Fioravanti - era il punto interrogativo, cioè l’invito a prendere in considerazione anche un’ipotesi alternativa. Senza certezze: ma con il grande valore laico del dubbio.

E invece no, adesso si punta sulla verità di fede: nessuno può nemmeno osare di mettere in discussione il “dogma” politico-giudiziario sull’origine fascista della strage. Ciò che- a mio avviso - sembra più un assunto ideologico (comodo e rassicurante per tanti) che una verità davvero convincente.

Eppure, anziché aggredire anno dopo anno i rappresentanti del governo e chiunque osi presentarsi alle commemorazioni, i familiari delle vittime e le loro associazioni non dovrebbero accontentarsi di una verità “ufficiale” e “politicamente corretta”, ma farebbero bene a cercare i veri mandanti e i veri esecutori. Un ceto politico coraggioso e una stampa capace di una ricerca libera e non scontata potrebbero con serenità aiutare tutti, indipendentemente dalle sensibilità culturali e dalle appartenenze politiche, ad andare oltre il pregiudizio.

Lo ripeto ancora: le sentenze sono qualcosa di cui prendere doverosamente atto. Ma nulla toglie il fatto che la versione ricostruita nei diversi passaggi giudiziari lasci perplessità pesanti. Perché è vietato discuterne?

Per il resto, che una parte consistente dello schieramento di sinistra aderisca alle accuse regolarmente scagliate contro il centrodestra di oggi da parte di chi sostiene- sintetizzo con parole mie - che le “radici” di quella orribile stagione arrivino fino all’attuale destra di governo, è cosa che lascia allibiti e intellettualmente avviliti.
Ora, se - senza fare un plissé - si accusano gli avversari di una sorta di eredità stragista ontologica (cioè per il solo fatto di esistere e di essere di destra), è evidente che ogni possibilità non solo di dialogo ma addirittura di convivenza civile, salti definitivamente. Delle due l’una: o c’è pressoché totale inconsapevolezza del significato delle parole e del loro peso, oppure si è deciso di incendiare il clima da qui all’autunno-inverno, puntando su una campagna di scontro frontale che metta in causa la legittimità stessa dell’avversario.

Tutto possibile in politica? Può darsi. Ma occorre interrogarsi sulle conseguenze di ogni scelta. I piromani estivi devono sapere che dopo una stagione di incendi rimane per forza di cose - soprattutto terra bruciata. Abbiamo la sensazione che alcuni non se ne rendano perfettamente conto.

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