“Slogan senza alcun fondamento”: così il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha definito le critiche avanzate dalle opposizioni e dalla magistratura associata contro la riforma della giustizia approvata al Senato e ora da confermare al referendum. Intervistato dal Foglio, il Guardasigilli ha ribadito che "non c’è nessun assoggettamento della magistratura alla politica".
Sull'invito della segretaria del Pd Elly Schlein a votare no al referendum per far sì che "anche chi governa, come tutti, debba rispettare la legge e la Costituzione", il ministro ha detto: "Mi stupisco di come una persona intelligente come Schlein possa dire cose che non sono minimamente presenti nella riforma né nello spirito nelle nuove norme. Sono slogan che non hanno nessun fondamento. Anzi, è previsto il contrario: una separazione delle carriere, con un’Alta corte di giustizia assolutamente imparziale, è il contrario dell’assoggettamento della magistratura all’esecutivo. Poi se vogliono fare un processo alle intenzioni perché non hanno altri argomenti lo facciano pure". Anche perché il tema della separazione delle carriere, al centro della riforma, appartiene alla tradizione politica della sinistra.
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"Senta, Carlo Nordio è un collega: è stato a lungo magistrato e procuratore. E anche Alfredo Mantovan..."La tradizione culturale della sinistra è proprio quella garantista di difendere il più debole, e davanti al giudice l’indagato-imputato è sempre il più debole, anche se è ricco e potente - ha sottolineato ancora Nordio -. Per questo, ripeto, trovo enfatico e anche sorprendente sentire certe affermazioni da una persona seria come Schlein".
In ogni caso, ha assicurato che “se la riforma non passerà ne resterò deluso ma non mi dimetterò”. Scendendo nel dettaglio del provvedimento, ha spiegato: "La separazione delle carriere ha poco a che vedere con il transito da una funzione all’altra, ma invece è incentrata sul fatto che attualmente, nello stesso Consiglio superiore della magistratura, i magistrati requirenti, cioè gli accusatori, danno i voti ai giudici, cioè a quei magistrati che devono essere e apparire terzi e imparziali. Tutto ciò non solo è irragionevole ma contrasta con i princìpi elementari del processo accusatorio. Infatti quando provo a spiegare la situazione attuale ai miei colleghi di altri paesi, come Gran Bretagna e Stati Uniti, dove la democrazia è nata, o non mi capiscono o ci ridono dietro”.




