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Referendum giustizia, il caso: una sede in Cassazione per il comitato del "No"

La denuncia: una sede in #Cassazione per il comitato del "No", "inopportuno presentare la campagna in una sede istituzionale"
di Francesco Storacedomenica 2 novembre 2025
Referendum giustizia, il caso: una sede in Cassazione per il comitato del "No"

3' di lettura

Non è normale che l’associazione magistrati “occupi” la Corte di Cassazione – un’istituzione fino a prova contraria – per propagandare la tesi del no alla riforma della giustizia. E che magari la occupi – e senza virgolette – da tantissimi anni come propria sede e chissà a quale titolo e se gratis...

Fatto sta che è ciò che accade ed è oggettivamente grave. Lo denuncia il Comitato per il Sì costituito nelle scorse settimane presso lo studio del notaio Togna; la vicenda è portata alla luce dai vicepresidenti del comitato, avvocato Romolo Reboa e professor Fabio Verna, con una dichiarazione congiunta. I due giuristi hanno preso spunto proprio dalla presentazione del comitato per il no: «L’Anm è un’associazione di diritto privato con sede all’interno della Suprema Corte di Cassazione.

Non sappiamo in base a quale contratto e quale sia il corrispettivo per avere a disposizione tale privilegiata e prestigiosa location, ma riteniamo inappropriato che la stessa sia stata utilizzata per presentare il proprio progetto di un referendum per dire no alla legge costituzionale in materia di giustizia approvata dal Parlamento». E aggiungono: «La Suprema Corte di Cassazione è un luogo istituzionale, massima espressione del sistema giudiziario italiano, che ne assicura l’imparzialità attraverso il vaglio di legittimità.

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L’utilizzo dell’edificio istituzionale per lanciare una tesi politica di parte dimostra come la scelta fatta dal Parlamento sia stata necessaria per riequilibrare in senso democratico i poteri, nello spirito dei Padri Costituenti che volevano che la Magistratura fosse separata dal potere politico, ma non che fosse il terzo potere dello Stato, stabilmente contrapposto a chi governa perché eletto dal popolo». E come si risponde a un tema indubbiamente delicato e rilevante sul piano istituzionale e costituzionale?
Non è consentito a nessuno di dimenticare che la Corte di Cassazione è un organo costituzionale di garanzia, non politico, chiamato ad assicurare imparzialità e legalità nel sistema giudiziario. Usare i suoi spazi per un evento che ha una valenza politica o referendaria potrebbe apparire come una presa di posizione di parte, o comunque come un uso improprio di una sede istituzionale. Dietro questa polemica c’è ovviamente il tema — antico e sempre controverso — dei rapporti tra magistratura e politica, cioè: l’equilibrio tra indipendenza dei giudici e neutralità delle istituzioni giudiziarie; e il rischio che i magistrati o le loro associazioni assumano ruoli o toni politicamente orientati, cosa che la Costituzione tende a evitare per salvaguardare l’imparzialità del potere giudiziario.

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Ovviamente, sarebbe anche interessante capire se l’Anm abbia effettivamente utilizzato una sala della Cassazione con autorizzazione formale; e a che titolo lo abbia fatto (convenzione, prassi, semplice concessione logistica, ecc.). Sono “dettagli” che farebbero capire con chiarezza se si è di fronte all’uso improprio di una sede istituzionale. Certo è che la grancassa suonata perla presentazione del comitato per il No proprio in Cassazione appare proprio come la volontà di schierare un organo costituzionale contro governo e Parlamento che hanno approvato la riforma della giustizia che ora andrà al vaglio del popolo italiano. Ed appare evidente che è una questione destinata a fare rumore per gli aspetti delicatissimi che abbiamo segnalato. Certo è che Reboa e Verni non hanno intenzione di fermarsi e andranno avanti nella loro battaglia di trasparenza.