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Anche Monti in pellegrinaggioalla festa di "Repubblica"

Al via la kermesse di Mauro e Scalfari. Ci saranno il premier e il candidato in pectore Saviano.

Andrea Tempestini
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Mancano gnocco fritto e salamelle:  dopo tutto stiamo parlando di azionisti alla piemontese, gente  che le maniche dalle camicia preferisce tenerle rigidamente modellate dall'appretto, mica arrotolate sotto un grembiule. Sarà per questo che la festa di Repubblica risulta, a livello epidermico, ben più antipatica di quelle antiche dell'Unità. Ma bisogna prenderne atto: la kermesse che inaugura oggi a Bologna - intitolata con un po' di puzzetta al naso La «Repubblica» delle idee - si candida a sostituire le fiere rosse quanto a produzione di dibattito politico e raggranellamento di consensi. In fondo, qualche concerto lo organizzano anche le sublimi menti capeggiate da Ezio Mauro. Domenica, per dire, la chiusura delle cerimonie è affidata a Francesco De Gregori. Poi ci sono gli spettacoli comici di Alessandro Bergonzoni, i «workshop» sulle vignette di Altan e Bucchi, le discussioni sulla musica con Ligabue... L'intrattenimento non difetta. Uno dice: mancano i politici. Già, e sembrerebbe mancare anche il partito. Invece ci sono l'uno e gli altri. Il partito è appunto quello di Repubblica. Quanto ai politici, c'è solo l'imbarazzo della scelta: Gustavo Zagrebelsky venerdì; l'ideologo par excellence Mauro domenica,  nello stesso giorno della pasionaria di Libertà e Giustizia Concita De Gregorio e del  Fondatore Eugenio Scalfari.  E ovviamente, sabato, il candidato in pectore Roberto Saviano. L'arrivo del premier - Sempre sabato, il momento chiave: apparirà Mario Monti, per farsi intervistare da Ezio Mauro. Un incontro al vertice, più che un'intervista. L'omaggio del premier al vero nume della sinistra italiana.  Per presentarsi a Bologna, Monti ha snobbato persino l'autorevole Festival del giornalismo di Perugia, giusto per stabilire le proporzioni. È il segno che la  nuova politica progressista si fa qui, in queste feste di partito senza partito apparente, e Repubblica deve disputarsi una fetta di elettorato con i più ruvidi cugini del Fatto quotidiano, i quali le salamelle le hanno per davvero. Evento dopo evento, comizio dopo comizio, se la giocano negli stessi luoghi e cioè nelle terre d'Emilia (non può mancare il côté benefico a favore dei terremotati), proprio quelle in cui a fatica resistono le ultime rassegne postcomuniste, ora  ribattezzate «Feste democratiche». Mauro e discepoli invadono Bologna. Travaglio e compagni di Questura hanno preferito - lo scorso weekend -  Taneto di Gattatico, in provincia di Reggio Emilia. La geografia non è casuale. Sotto le Due Torri, nonostante tutto, siamo ancora in casa del Pd. Ma Taneto non è lontano da Parma, e si respira il venticello grillino.  Giornali - partito - Da due correnti del medesimo partitone antiberlusconiano, il Fatto e Repubblica son diventati due giornali-partito a se stanti. Il primo, come dimostra l'intervista sdraiata che Travaglio ha regalato ieri a Beppe Grillo, supporta i Cinque stelle (non a caso Luca Telese ha mollato la baracca per farsi un quotidiano  tutto suo). I figliocci di Scalfari, invece, tollerano ancora Bersani. Entrambi però pescano nel bacino delle liste civiche. I Republicones lavorano da anni per costruire un movimento che sfrutti il santino Saviano, confortati nelle loro trame dal fondamentale apporto di personalità come lo Zagrebelsky di cui sopra (il quale prossimamente incontrerà il leader del Pd) e Barbara Spinelli. Costoro, per rigidità caratteriale e impeto forcaiolo, flirtano  volentieri con la truppa di Antonio Padellaro.                 Poi ci sono i fanatici di MicroMega capeggiati da Paolo Flores d'Arcais. Per vincolo di proprietà dovrebbero far riferimento al Gruppo Espresso e dunque schierarsi con l'asse Saviano-De Benedetti. Ma Flores è un editorialista del Fatto, e la distanza ideologica si sente. Insomma, è un bel groviglio. C'è però un solco che segna l'insuperabile differenza e separa definitivamente il campo di Ezio Mauro da quello grillino e più radicale. Repubblica nasce dal terreno azionista come organo di avanguardia, lo status di giornale-partito l'ha inscritto nel Dna sin dal primo numero. Viene creata da Scalfari per svolgere una funzione di indirizzo che è inscindibile dai partiti di sinistra. Se il Fatto punta a distruggere il Pd o per lo meno ad azzerarne i vertici, Repubblica mira semplicemente a controllarlo. Il punto nodale è la visione del mondo del sublime Fondatore Eugenio. Il quale si dilettava a governare partiti tramite giornali da quando scriveva per la rivistina del Guf sotto il fascismo. Anche a quei tempi egli si considerava il più puro dei puri. «Avevo scritto sul giornale del Guf di Roma», si legge nel libro scalfariano L'uomo che non credeva in Dio, «che il partito era caduto in mano a gruppi di profittatori che ne avvilivano la tempra morale e l'autorevolezza politica. Pensavo dunque ancora in sintonia con gli “ideali” fascisti constatando la loro distanza dai fatti concreti». Son più o meno le cose che dice oggi, rivolgendosi però al Pd. Il suo atteggiamento (come hanno spiegato nei loro libri dedicati a Barbapapà  Maurizio Stefanini e Giancarlo Perna) si è mantenuto identico negli anni. Scalfari ha provato  a guidare una marea di schieramenti.  Lo ha scritto senza mezzi termini una firma di Repubblica, Miguel Gotor, in un libro uscito di recente per Einaudi. Ha spiegato che nelle fondamenta del quotidiano c'è «un giornalismo impegnato, non inteso però come contropotere informativo all'anglosassone, ma come antipolitico all'italiana, che avrebbe richiesto la strutturazione di un quotidiano robusto e originale da schierare nella lotta quotidiana per supplire alle presunte carenze dei partiti e per provare a stimolare la loro azione dall'esterno in nome e per conto di un pubblico di lettori persuaso di essere per definizione migliore dei suoi rappresentanti». Ideologo per forza - A Scalfari, a dire il vero, non è mai andata granché bene.  Mauro, più quadrato, ha ottenuto finora maggior successo. Intanto, ha strappato Roberto Saviano al campo avverso. Agli inizi, la coppia Travaglio&Santoro lo spalleggiava, se l'era intestato con interviste a ripetizione ad Annozero. Poi, trovandolo troppo moderato, lo ha scaricato. Mauro lo ha sbattuto in prima pagina, lo ha orientato come nemmeno Scalfari saprebbe fare. E adesso lo esibisce alla sua festicciola, bello e pronto per una lista civica. Il progetto del Fondatore Eugenio, in qualche modo, è compiuto. Grazie a uno strambo rivolgimento del Fato: Scalfari, che voleva fare il politico, è confinato a scrivere libroni filosofici e presto gli dedicheranno anche un prestigioso Meridiano Mondadori. Saviano, che dovrebbe fare lo scrittore,  sfila sui palchi della tv e nelle piazze, in compenso, non firma un libro vero da anni. E il Pd, povera bestia? Già ha rischiato più volte di diventare un partito senza giornale. Se va avanti così, fra un po', oltre al giornale, non avrà nemmeno il partito. di Francesco Borgonovo  

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