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Facci: l'esclusione automatica di un candidato soltanto perché inquisito o rinviato a giudizio è un lusso che non possiamo ancora permetterci. Addio garantismo

Matteo Legnani
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Il garantismo è morto, finito, polverizzato. Delegare una candidatura ai sondaggi dell'ultimo minuto, basandosi non su criteri oggettivi ma sulla volubile reputazione di un inquisito rispetto a un altro, è una barbarie definitiva, è una degenerazione che regala ai mass media un potere immenso e - in Italia - immeritato. L'esclusione automatica di un candidato soltanto perché inquisito o rinviato a giudizio, già in sé, sarebbe un lusso che non possiamo ancora permetterci: troppe assoluzioni tardive, troppi errori, troppe toghe che fanno politica con altri mezzi. Ma demandare tutto e direttamente alla volatilità dei sondaggi - a opera di un Pdl che paradossalmente non ha voluto le primarie - significa che le liste le compileranno i giornalisti anziché i magistrati, significa che a decidere sarà la violenza o l'assenza di campagne stampa all'italiana. Fermate per strada un cittadino o un politico che giudichi «impresentabili» Tizio o Caio: scoprirete che in realtà non ne sa nulla, che non ha mai letto mezza carta, compresi i parlamentari che in aula autorizzarono arresti sempre in base a sondaggi e a diktat di partito. È il punto più basso: abbiamo un Parlamento detestato e al tempo stesso svenduto al malcontento popolare, una demagogia securitaria buona a punire solo romeni e prostitute, un garantismo trasformistico che è l'unica cosa, da noi, davvero uguale per tutti. Il garantismo è morto, finito, polverizzato. di Filippo Facci

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