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Caso Yara, la prova del luminol: tracce nell'auto di Bossetti. Tutte le contraddizioni dell'indagato

simone cerroni
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Il giallo sul caso Yara si infittisce e le incongruenze iniziano ad emergere. Non è solo il Dna a compromettere la posizione di Massimo Bossetti, il muratore in carcere con l'accusa di aver ucciso Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate, il 26 novembre 2010. Negli ultimi giorni emergerebbero varie contraddizioni. E ora c'è la prova del luminol sulla macchina di Bosetti, una Volvo V40, che ha rivelato la presenza di ferro nella vettura, segnale eventuale di tracce ematiche legate alla ragazzina. Bossetti poi ha dato versioni "poco credibili" sia sulla presenza del suo sangue sul corpo di Yara sia sulla frequentazione di Brembate. La prova del luminol -  Gli inquirenti sono alla ricerche di tracce di Yara sui veicoli dell'uomo. Tra l'1 e il 2 luglio è stata condotta la prova del luminol sulla vettura dell'indagato. Come riporta il Corriere della Sera, la prova consiste nel spargere una sostanza che dopo alcuni minuti viene nebulizzata. A buio pesto, se la sostanza reagisce e fa comparire un alone di luce attorno alle macchie di liquidi e frammenti, vuol dire che ci sono tracce di ferro (contenuto anche nel sangue). I carabinieri del Ris di Parma hanno controllato palmo a palmo la Volvo V40 e poi il furgone Iveco Daily di Bossetti. "Il luminol ha reagito e le tracce sono emerse", riporta il quotidiano. La cautela è massima, perché non significa automaticamente trovarsi di fronte a tracce di sangue. Il ferro, infatti, è contenuto anche nei vegetali o nella ruggine. Il lavoro passa ora ai laboratori, dove le tracce saranno analizzate per stabilirne la natura. Il sangue dal naso - Le tracce ritrovate sul corpo della 13enne secondo i legali di Bossetti potrebbero essere finite lì a causa dell'epistassi, le emorragia dal naso di cui l'uomo soffrirebbe, come ha anche confermato la moglie, Rita Comi. "La fuoriuscita di sangue - secondo la donna - gli capita più volte, anche sul lavoro". "Se il Dna è mio, ma io non c'entro - ha spiegato ieri il muratore di Mapello - può darsi che qualcuno abbia usato i miei attrezzi o si sia sporcato sul cantiere, e poi..." commesso l'uccisione. Le altre incongruenze - Altra incongruenza che emerge dalle ultime dichiarazioni di ieri, 2 luglio, da parte di Bossetti è quella inerente al Solarium. L'imputato ha negato di aver frequentato spesso il centro estetico a pochi passi dalla casa di Yara e vicino alla palestra. Secondo quanto riferito da Bossetti, infatti, andava raramente a farsi le lampade nel centro, anche perché, ha spiegato agli inquirenti, per il lavoro che faceva, il muratore, si abbronzava stando ore sotto al sole. "Non avevo bisogno di fare la lampada, perché lavoro all'aria aperta", ha detto l'indagato. "Escludo che mio marito andasse in quel posto frequentemente, forse qualche volta ma molto raramente", ha aggiunto sua moglie. Dichiarazioni che contrastano fortemente con quelle dei testimoni. Oltre all'uomo anche Rita Comi era assidua frequentatrice di solarium. La titolare del negozio ha infatti affermato: "Bossetti veniva almeno due volte a settimana, faceva la “doccia” total body e chiedeva che fosse sempre messa alla massima potenza". La frequentazione di Brembate - Gli inquirenti intanto continuano nei loro accertamenti sulle celle telefoniche, che hanno già smentito le dichiarazioni di Bossetti, secondo il quale lui a Brembate ci andava pochissimo. Il giorno della scomparsa della ragazza il telefono di Bossetti ha agganciato la stessa cella di quella di Yara. Mentre diverse persone l'hanno visto più volte e il suo cellulare è risultato essere in zona. Tra questi c'è anche il gestore di un'edicola e un distributore di benzina secondo cui il presunto assassino frequentava assiduamente quella zona.

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