Yara Gambirasio, la vita stravolta di Mohamed Fikri: accusato per errore, può avere solo 10mila euro
Per tutti, in quei tre giorni, era lui il mostro. Anzi, lui era il mostro. Il killer. Il bastardo venuto da lontano che aveva rapito e assassinato la piccola Yara Gambirasio. È stato fermato - in acque internazionali - su un traghetto che andava a Tangeri, incappucciato («Non vedevo niente, ero terrorizzato»), riportato in Italia e poi interrogato. Arrestato. Mohamed Fikri aveva 23 anni, quel 4 dicembre 2010, ed era accusato di sequestro e omicidio perché, secondo la prima traduzione di un'intercettazione telefonica, aveva detto «Allah perdonami, non l'ho uccisa io». La prigione a Bergamo, ma poi la veloce scarcerazione: secondo altri interpreti la frase incriminata andava tradotta con un più semplice «Mio Dio, facilitami nella partenza». Tre giorni dietro le sbarre da mostro, quasi tre anni da unico indagato (il 12 agosto 2013 è stata cancellata dal gip anche l'ultima imputazione, quella di favoreggiamento) e una vita stravolta. Che ora il marocchino vuole provare a raddrizzare, almeno economicamente, con una richiesta di risarcimento. Ma non diventerà ricco. Un incubo come il suo, al massimo, può valere dieci mila euro. Lunedì mattina Fikri si è presentato all'ufficio immigrazione della questura di Treviso (è ancora residente, almeno formalmente, tra Montebelluna e Riese Pio X) per ritirare il permesso di soggiorno della durata di un anno, tempo limite per trovare un lavoro. Già, perché il marocchino un impiego fisso non ce l'ha più. «Mi sento marchiato, questa storia mi ha rovinato. Non riesco neppure a trovare lavoro, né in Italia né all'estero - ha spiegato - Bossetti? Non l'ho mai conosciuto. Da quando sono stato scagionato non ho più seguito le indagini, sto cercando di ripartire con la mia vita. Il problema è che l'onta delle accuse ricevute rimane, e nessuno mi vuole dare un impiego». Fikri, proprio per questo motivo, ha deciso di trasferisti: lascia il Trevigiano per andare a Piacenza, dove vivono alcuni conoscenti. Ma la tragedia di Yara continua a perseguitarlo. «Persino in Marocco non posso tornare. Le informazioni arrivano nel mio paese in modo frammentario. Quando hanno arrestato Bossetti, poche settimane fa, credevano che io fossi ancora in carcere: non hanno capito insomma che sono stato riconosciuto totalmente estraneo ai fatti». Una vita distrutta, quella del marocchino. Almeno secondo i racconti fatti in questi anni: «Mi è stato tolto tutto. L'onore, il lavoro, gli amici e Fathia, la donna che dovevo sposare ma che, distrutta da questa storia, mi ha lasciato». Lo scorso mese l'ultimo sfogo: «Le ho provate tutte, ma non sono riuscito a rinnovare il permesso di soggiorno e così ho perso anche il lavoro. Avevo trovato un impiego, ma l'ho già perso a causa del mancato rinnovo del permesso. Una situazione incredibile». Che ora sembra aver convinto Fikri a passare al contrattacco: «Deciderò cosa fare e se chiedere un risarcimento». Non certo per diventare ricco, però. «Fikri non è stato a lungo in carcere, ma gli estremi per chiedere un risarcimento per l'ingiusta carcerazione ci sono - spiega l'avvocato Alessandra Nava, cui era stato affidato il patrocinio legale del 26enne durante le prime fasi dell'indagine -. Il fatto che non trovi lavoro ad esempio è un buon motivo per farlo. Andrà insomma valutato quale sia il reale disagio patito». Sì, ma quanto valgono tre giorni passati ingiustamente in carcere da mostro e tre anni da unico indagato? «Difficile stabilirlo. Anche perché già non è semplice ottenere i danni materiali per l'ingiusta detenzione (235.83 euro a giorno n.d.r.) - spiega ancora l'avvocato - , figuriamoci il resto. Poi si tratta di capire se Fikri ha perso un contratto di lavoro a causa della vicenda. E ancora, come la sua vita sia effettivamente stata danneggiata a livello privato e di immagine: c'è da quantificare, insomma, i danni morali». Un risarcimento che, comunque, non sarebbe certo da capogiro. «Impossibile fare previsioni. Ma per casi simili o anche più gravi di questo, in passato, si è arrivati al massimo a dieci mila euro». di Alessandro Dell'Orto