Ruby, la procura di Milano: "Da Roma segnali chiari"
Alla procura di Milano il day after dell'assoluzione del Cav nel processo Ruby è un piagnisteo. Nessuno tra le toghe ammette di aver perseguitato l'ex premier per quattro anni senza avere in mano nemmeno una prova che potesse inchiodarlo alla sbarra. La parola "sconfitta" è severamente vietata. Così si cercano attenuanti alla disfatta che si sciolgono come neve al sole. "Sono mesi che il nostro ufficio è finito nelle mirino della delegittimazione", afferma qualcuno dalla procura. "Questo processo non si poteva non fare. Se l'azione penale è obbligatoria, e di certo lo è ancora, perchè non ci risulta che abbiano già fatto una riforma per cambiare le regole. Sarebbe stata un'omissione grave far finta di nienteandare avanti come se quella notte non fosse successo nulla", afferma un'altra gola profonda dalla procura, parlando con Repubblica. La rabbia degli sconfitti - Poi arriva l'evidenza dei fatti: il Cav è stato assolto. "Sì è vero, ma se per la concussione hanno scritto che il fatto non sussiste per la prostituzione minorile hanno detto che il fatto non costituisce reato". Insomma l'assoluzione piena del Cav riaccende la furia delle toghe che negano pure l'evidenza di un'assoluzione senza macchie e senza ombre. Poi dalla procura arriva una rivendicazione del potere delle toghe: "Abbiamo dato fastidio con le nostre inchieste, l'ultima sicuramente è quella dell'Expo, e il clima in Italia nei riguardi della magistratura non è più quello degli anni e dei mesi scorsi. Quando una vicenda come quella di Bruti e di Boccassini al Csm non si sarebbe mai verificata e non sarebbe finita come è finita". Insomma è l'ora del piagnisteo, delle recriminazioni. Ma nessuno tra i magistrati ammette l'errore. Intanto il Cav esce a testa alta da questa vicenda. Le toghe rosse un pò meno...