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Mafia Capitale, dalla Prefettura al Colle l'uomo giusto al posto giusto

Nicoletta Orlandi Posti
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L'uomo giusto al posto giusto. Dal Campidoglio alla Prefettura, dal Vicariato al Quirinale, l'obiettivo della cupola di Mafia Capitale è sempre lo stesso: agevolare gli affari della banda coinvolgendo la pubblica amministrazione. Le intercettazioni dimostrano che i boss della "Terra di mezzo" potevano contare su persone disposte a farsi comprare per facilitare l'assegnazione di appalti, chiudere un occhio, sbloccare finanziamenti. Come quello per il Cara di Castelnuovo di Porto, struttura a 30 chilometri dalla capitale che può ospitare fino a 650 migranti. Valore della commessa: 20 milioni di euro. Prefettura - È il 29 gennaio 2014, Massimo Carminati chiede a Salvatore Buzzi: "Il Cara si muove?". Buzzi, secondo quanto riporta Repubblica, fa presente che c'è un "grosso problema", probabilmente con uno dei contraenti per una condanna datata 1987 e relativa a una omessa dichiarazione. Problema che però sarebbe stato in via di risoluzione perché Buzzi afferma che "se stamo a comprà mezza Prefettura". E ancora: due mesi dopo Buzzi discute con Luca Odevaine per organizzare un incontro con Gianni Letta e discutere dei progetti della "29 giugno" sul Cara bloccati, a loro dire, dal prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro. "Io gliel'ho messo in mano alla Scotto Lavina (Direttore centrale per le politiche dell'immigrazione e dell' asilo, ndr). Mi ha detto: 'È buono, questa roba mi piace, certo devo senti' Pecoraro che un po' resiste'". "Allora gli si può chiedere a Pecoraro che sbloccasse la situazione - prosegue Odevaine - e Letta interverrà perché lì il filo c' è, se glielo dice lui si sblocca in un secondo». L' incontro con l'ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio va così bene che alle 13.16 Buzzi chiama Mario Schina, ex responsabile decoro del Campidoglio e gli dice che Letta lo ha "mandato dal Prefetto. Alle sei vedo Pecoraro". Quirinale - Il Nero e i suoi uomini temevano di perdere l'affare. E la mattina del 19 settembre, racconta Rita Cavallaro su Libero in edicola oggi,  il ras delle coop chiama Carminati, per informarlo "che sabato avrebbe incontrato una persona al Quirinale in relazione all'audizione in Prefettura sul Cara", si legge. Il clan ha bisogno di una pedina forte, perché Buzzi è convinto che la cooperativa Auxilium, una concorrente, "abbia l'appoggio del vice ministro dell'Interno Bubbico" per una comune origine lucana. Al Guercio la questione non va giù: "Noi siamo diventati onesti e gli altri so' diventati disonesti". Nonostante Luca Odevaine, all'epoca membro del Tavolo nazionale sui rifugiati al Viminale, sia riuscito a riferire al gruppo informazioni riservate dalla Prefettura, alla fine, dopo l'intervento del Tar del Lazio nel 2014, il clan perde l'affare. Vicariato - Erano molteplici, comunque, i contatti del cecato & Co con le istituzioni di primissimo piano. È sempre Odevaine, l'11 settembre di quell'anno, a chiamare Tiziano Zuccolo, camerlengo dell'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone, per chiedergli "novità dal Vicariato" per un intervento sollecitato "in favore di una società riconducibile al gruppo Pulcini". Zuccolo risponde di aver "deciso di fare un passaggio alto, ma proprio alto". Insomma, Mafia Capitale è il filo nero che collega colletti bianchi, amministratori pubblici e famiglie criminali che si dividono la città. Emblematiche le intercettazioni per gli affari al campo rom di Castel Romano, la cui “vigilanza”, per evitare sommosse tra gli abitanti, viene affidata a Luciano Casamonica, il boss del clan degli zingari, per 20mila euro al mese. «Ma come mediatore t'eri portato sempre Massimo (Carminati, ndr), domanda Angelo Scozzafava, direttore del dipartimento Servizi sociali del Campidoglio sotto Alemanno, a Buzzi. "No, m'ero portato Casamonica Luciano", risponde. "Ah, va be, Lucianino è un grande mediatore", dice Scozzafava. Intanto oggi riprendono gli interrogatori degli arrestati ai domiciliari e nei prossimi giorni scatteranno nuove manette. 

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