I mobili nella cella sono troppo ingombranti: sconto di pena e indennizzo al detenuto
I mobili in carcere sono troppo ingombranti, dunque la cella è troppo piccola, e dunque il detenuto deve essere risarcito. Questo, in estrema sintesi, l'ultimo caso giurisprudenziale tutto italiano. Una sentenza, a Verona, in cui un carcerato si è visto ridurre la pena e liquidare una modesta somma per via del mobilio che riduceva la superficie calpestabile a sua disposizione nella cella. Il presupposto della vicenda è il cronico sovraffollamento delle carceri italiane, unito all'avviso della Corte europea dello scorso 28 maggio: "Ai detenuti devono essere garantiti almeno tre metri quadri a testa". Ma il termine per mettere in regola le celle non è stato rispettato, e così il governo Renzi, per decreto, ha previsto uno scontro di un giorno di pena ogni dieci trascorsi in un carcere sovraffollato (oltre a un indennizzo di otto euro al dì). Dentro alla sentenza - E dunque, considerati questi presupposti, in Italia ci si imbatte in un caso come quello veronese, dove un magistrato di sorveglianza, dopo una perizia affidata a un geometra, ha sentenziato: "Per individuare lo spazio vitale si deve far riferimento al concetto di superficie calpestabile, individuabile sulla base della legge sull'equo canone e coincidente con la pavimentazione depurata dallo spessore di eventuali colini perimetrali e pilastri". Inoltre, nel verdetto la toga ha stabilito che "letti, tavola e sedie sono utilizzabili per varie finalità e quindi destinati a non ridurre lo spazio a disposizione del detenuto", al contrario per esempio di "armatori, radiatori e stipetti", che "sono suscettibili di unica ed esclusiva utilizzazione e vanno perciò scomputati dalla superficie lorda della cella". Sconto e rimborso - E così, nel dettaglio, ci si è accorti che per il detenuto veronese "lo spazio residuo era di 0,4 metri quadrati inferiore al minimo", e tutto ciò al netto di "bottiglie d'acqua e le scatole per la raccolta degli oggetti". Così, per qui 0,4 metri quadri mancanti, è arrivata la bocciatura per la direzione del carcere: il detenuto che ha presentato ricorso, così, ha ottenuto uno sconto di pena di 45 giorni ed un rimborso pari a 464 euro. Ma questo è soltanto un caso isolato. Infatti è stato stimato che lo Stato, fino al 2016, per situazioni analoghe sarà chiamato a sborsare 20 milioni di euro, una maxi-tassa che equivale alla bellezza di 725mila euro al mese.