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Pm "soft" e avvocati gratis: perché gli immigrati clandestini in Italia sono intoccabili

Giulio Bucchi
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  di Andrea Morigi Da quando il pacchetto sicurezza, approvato già piuttosto monco dal governo Berlusconi nel 2009, è stato smontato pezzo per pezzo, è diventata un'impresa costosa e faticosa rimpatriare un immigrato illegale. Prima i magistrati e la Corte europea di Giustizia, poi la Corte Costituzionale si sono accaniti in particolare contro il reato d'immigrazione clandestina, depotenziando l'efficacia dei decreti di espulsione o di allontanamento. Basta che il destinatario sia povero per giustificarne la permanenza. Non aveva i mezzi economici per tornare a casa, quindi rimane e fa come gli pare. Anche perché non esiste più l'aggravante del reato di clandestinità né la pena detentiva per l'ingresso illegale nel territorio dello Stato, originariamente prevista con la reclusione fino a quattro anni. Tutto abolito per compiacere i tifosi dello ius soli, nella versione che pretende che, una volta toccato il suolo italiano non lo si abbandoni più. Una fra tutte è Laura Boldrini, la quale quand'era a capo della struttura italiana dell'Unhcr, l'agenzia Onu per i rifugiati, si era spesa per purificare il linguaggio giornalistico e la politica da ogni possibile accenno all'illegalità del soggiorno degli stranieri. Era prevalsa l'idea che potrebbe trattarsi di migranti richiedenti asilo. Intoccabili anche nel caso di bocciatura delle loro legittime istanze, finché non si sia concluso l'iter dei ricorsi, per i quali godono del gratuito patrocinio legale. Sono povere vittime, in fuga da un pericolo di morte o da un'emergenza umanitaria. Tanto che la legislazione li protegge a oltranza e, davanti all'eventualità di allontanare dal territorio nazionale un perseguitato o uno scampato a un disastro naturale, finiscono per passare in secondo piano anche le esigenze della legalità e dell'ordine pubblico. Leggi l'articolo integrale di Andrea Morigi su Libero in edicola oggi, domenica 12 maggio 

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