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La crisi per i cinesi non c'è: è boom di negozi e attività gestite da chi viene da Pechino

Secondo i dati della Cgia di Mestre nel 2012 i negozi hanno superato le 62.200 unità: +34,7% rispetto all'inizio della crisi (2008) e +6,9% sul 2011

Ignazio Stagno
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La crisi non parla cinese. I cinesi che vivono in Italia continuano a fare affari. Nel 2012 i negozi hanno superato le 62.200 unità: +34,7% rispetto all'inizio della crisi (2008) e +6,9% se il confronto è realizzato con il 2011. E' questa l'istantanea scattata dalla Cgia di Mestre sulla crescita cinese nel mare della crisi italiana. I settori maggiormente interessati dalla presenza degli imprenditori cinesi sono il commercio, con quasi 23.500 attività (imprese concentrate tra i venditori ambulanti), il manifatturiero, con poco più di 17.650 imprese (quasi tutte riconducibili al tessile-abbigliamento e calzature) e la ristorazione-alberghi e bar, con oltre 12.500 attività. Crescono i parrucchieri - Ed è in crescita anche il business legato alla cura della persona. Crescono infatti nel nostro territorio i parrucchieri, le estetiste e i centri massaggi gestiti da cinesi: il numero totale è vicino alle 2.500 unità, ma tra il 2011 ed il 2012 l'aumento è stato esponenziale: +38,8%. E così lievita anche la mole di denaro che gli imprenditori cinesi mandano a Pechino. Nel 2012 sono stati 2,67 i miliardi di euro che gli immigrati cinesi residenti in Italia hanno inviato in patria. Negli ultimi 5 anni l'ammontare complessivo è stato pari a 10,54 miliardi (+73,4% tra il 2008 ed il 2012). La regione italiana dove c'è una presenza massiccia dell'imprenditoria cinese è la Lombardia, con 13.000 attività, è la regione più cinese. Seguono la Toscana, con 11. 350 imprese; il Veneto, con quasi 7.500 e l'Emilia Romagna, con 6.460. (I.S.)

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