Festività soppresse, la proposta di legge dei senatori di Svp per ripristinarne cinque
Cinque giorni di festa in più all'anno su tutto il territorio nazionale. Cinque giorni di lavoro in meno. E' la proposta contenuta in un disegno di legge di tre senatori della Südtiroler Volkspartei (SVP) - Dieter Steger, Julia Unterberger e Meinhard Durnwalder - comunicato alla presidenza il 23 marzo scorso. Si chiede il ripristino degli effetti civili delle festività di San Giuseppe, dell'Ascensione, del Corpus Domini e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ora celebrati solo a Roma in quanto patroni. Inoltre, il disegno di legge prevede un secondo articolo che introduce anche il giorno di lunedì seguente la Pentecoste quale festività agli effetti civili. "Si tratta di feste religiose - si legge nella relazione al ddl -, espressione della tradizione di fede e di cultura della comunità, tuttora festeggiate in molti Paesi europei" e ci si chiede se proprio l'Italia "debba guadagnare in termini di produttività eliminando il disturbo di pochissime feste religiose infrasettimanali". Il ripristino sarebbe "un omaggio alle persone credenti che possono così celebrare nuovamente le ricorrenze religiose, e un giusto riconoscimento dei valori cristiani" ma anche, si aggiunge, per i non credenti che potrebbero "dedicare le giornate alle attività di tempo libero". Queste ricorrenze, si ricorda, sono state festeggiate in Italia fino al 1977, anno in cui hanno smesso di essere festività in seguito a una legge la cui ratio, si osserva, si richiamava ad una volontà di gestire il Paese con una maggiore austerità. "Negli anni successivi - continua - si è assistito ad un'inversione di tendenza, anche perché si è compreso che l'austerità non aveva prodotto l'auspicato aumento di produttività nelle aziende". "Nel 1985, dunque, è stata reintrodotta la festività dell'Epifania, mentre nel 2001 una mobilitazione forte da parte dell'opinione pubblica ha condotto al ripristino della festa nazionale della Repubblica". La reintroduzione dei giorni di festa, si spiega nella relazione, "intende ridare significato alla tradizione popolare, non determina scompensi significativi alla produttività delle aziende, trasferisce una quota maggiore di reddito prodotto ad altri comparti di mercato ad alto valore aggiunto, quali il turismo e il tempo libero, con buoni ritorni economici per l'economia nel suo complesso, e - si conclude - risulterebbe più coerente con quel che avviene negli altri Paesi europei".