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Chieti, la banda che ha mutilato l'orecchio alla signora? Un pugliese e tre stranieri dell'est

Davide Locano
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Un pugliese per basista e tre stranieri dell'Est Europa a fare il lavoro sporco. Forse queste, secondo le indiscrezioni trapelate sinora, le nazionalità dei drughi del Frentano. Si potrebbe stringere nelle prossime ore il cerchio attorno alla banda di malviventi che, domenica scorsa, ha brutalmente aggredito e rapinato i coniugi di Lanciano. Il mosaico investigativo sta pian piano prendendo forma. «Delicatezza e riservatezza» per non mandare tutto in fumo, sono le parole d'ordine scandite dal procuratore capo di Lanciano Mirva Di Serio, che coordina le indagini. E non è da escludere che si procederà a ritroso, risalendo il filo delle rapine che, da un anno a questa parte, funestano la provincia di Chieti. Leggi anche: Chieti, il video che incastra le belve «Sono le stesse persone, ne sono sicuro»: non ha dubbi Massimiliano Delle Vigne, derubato e pestato a sangue proprio come i coniugi Martelli da una banda di ladri che ha fatto irruzione nella sua villa di Santa Maria Imbaro a Chieti. Era il 5 settembre 2017. Come dimenticare le voci dei suoi aguzzini che lo minacciavano di morte? Quelle fisionomie camuffate sotto cappucci e passamontagna, e quegli sguardi spietati che, oggi, non sono nemmeno più un ricordo. Delle Vigne rivive gli attimi peggiori della sua vita. Adesso che circolano le prime ricostruzioni dei fatti di Lanciano, tutto diventa più chiaro: «Anche se ho visto solo occhi dietro un cappuccio e sentito le voci, tutto combacia: il capo forse è un pugliese, e gli altri sono dell'Est Europa». Lui se l'è cavata con cinque punti di sutura alla testa mentre la moglie del chirurgo Carlo Martelli, Niva Bazzan, è rimasta mutilata. Ad asportarle il lobo dell'orecchio con una roncola, è stato «l'unico malvivente che ha parlato, con un discreto accento italiano», racconta il chirurgo. Si è servito di «un coltello affilatissimo con la lama a mezzaluna e il manico di legno», ricorda dal suo letto d'ospedale la Bazzan. Entrambi, ancora sotto choc, parlano di una «macellazione». «Se l'altro giorno avessi avuto un'arma», ammette il dottor Martelli, «l'avrei usata». Quel macabro rituale e la violenza cieca, collegano il delitto ad altre cinque rapine messe a segno nella provincia di Chieti. Cacciaviti, tirapugni, corpi contundenti e lame per umiliare e annientare le vittime. Il 4 agosto a Paglieta, il 24 aprile ad Atessa, il 26 marzo a San Vito Chietino, il 3 ottobre 2017 a Guardiagrele e, il 5 settembre dello stesso anno, a Santa Maria Imbaro. In tutti i casi, la banda si è accanita sulle proprie vittime. A San Vito Chietino, i malviventi avevano tagliato l'indice destro al commerciante di generi alimentari e tabacchi Domenico Iezzi. Corrispondenze inquietanti, che hanno messo gli inquirenti su una pista: si tratta della stessa banda. Ma c'è un altro dettaglio che sembra collegare i delitti. Dal negozio di Iezzi, i banditi avevano portato via diverse casse di sigarette. I mozziconi trovati fuori dalla villa dei coniugi Martelli potrebbero provenire da lì? Questo cercheranno di stabilire gli investigatori con un esame merceologico. Mentre sono già al vaglio le registrazioni delle telecamere a circuito chiuso vicino agli sportelli bancomat dove i malviventi hanno prelevato il denaro con la carta di credito rubata ai Martelli. In quei nastri si trova la vera soluzione del rebus. E soprattutto i volti distinguibili di almeno due aggressori, che hanno commesso l'errore, forse fatale, di abbassarsi il cappuccio. di Giulia Sbarbati

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