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Desirée Mariottini stuprata per 12 ore, acqua in faccia per provare a riprenderla: dettagli-choc

Davide Locano
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Il “nero” le ha detto: «Vieni con me. Ti do io quello che vuoi». Così Desirée Mariottini è andata incontro alla sua fine. Dodici ore di agonia tra droga e violenza, è la ricostruzione degli inquirenti dopo le confessioni a mezza bocca dei soggetti sfilati in questura ieri, tutti consapevoli dell'orrore, anche se magari non tutti presenti nel momento in cui la minorenne di Cisterna di Latina veniva drogata, abusata e lasciata sola a morire, seminuda, in uno stanzone al piano terra di uno stabile fatiscente del quartiere San Lorenzo di Roma. Per ora quattro immigrati irregolari sono i responsabili della morte di Desirée. Quattro, tra senegalesi e nigeriani, l'avrebbero stordita con un mix micidiale di metadone, eroina e altre sostanze, fino a mandarla in overdose. Poi, quando la ragazzina era ormai incosciente, avrebbero approfittato di lei a turno, lasciandola agonizzante sotto a una coperta ruvida in un giaciglio di disperati. Solo quando è sopraggiunta l'amica italiana, maggiorenne, è emersa la gravità della situazione. Ormai, però, era troppo tardi. Dei quattro, al momento in cui scriviamo, tre sono già stati fermati dopo un lungo interrogatorio in cui si sono più volte contraddetti di fronte ai pm Maria Monteleone e Stefano Pizza. Sono Mamadou Gara, nato nel '91 in Senegal e clandestino esattamente come il compare Brian Minteh del '75: entrambi sono finiti in manette con l'accusa di omicidio, violenza sessuale di gruppo e spaccio. Stessi reati contestati al 46enne nigeriano Chima Alinno, in possesso di un permesso umanitario scaduto. L'uomo è preso ieri pomeriggio dagli agenti della Squadra Mobile e del commissariato San Lorenzo. Leggi anche: "Il voto emotivo dopo il caso Desirèe": parla la Ghisleri ACQUA IN FACCIA Ai primi fermati si aggiungeranno presto altri soggetti perché alcuni testimoni parlano di almeno «7 o 8 persone attorno a Desirée quella notte», dunque mancano altri all'appello e l'indagine non è chiusa. Un frequentatore del “palazzo della droga”, ha raccontato che l'adolescente era andata là a chiedere droga, «voleva fumare droga», e gli immigrati gliel'hanno data solo che «lei si è sentita male, hanno provato a rianimarla buttandole acqua in faccia, ma niente: era andata». Nessuno di loro ha chiamato l'ambulanza, giunta ore dopo. Stanare questi africani, per i poliziotti, non è stato difficile. Dopo lo scempio gli stranieri non si sono allontanati molto da San Lorenzo: uno dei tre è stato trovato nell'ex fabbrica di Penicillina su via Tiburtina, a San Basilio, poco distante dall'aula bunker di Rebibbia (lo stabile è nella lista di immobili da sgomberare nelle prossime settimane, come deciso nel Comitato per l'ordine pubblico). Gli altri due sono stati braccati al Pigneto e al Verano, a pochi passi dal cantiere dismesso dove Desirée ha perso la vita. Clandestini e invisibili, irreperibili per lo Stato italiano, eppure presenti sul nostro territorio a delinquere. Tutti i fermati avevano precedenti per spaccio. Gara aveva un permesso di soggiorno per richiesta d'asilo scaduto e aveva ricevuto un provvedimento di espulsione firmato dal prefetto il 30 ottobre 2017. In fuga per evitare il rimpatrio, era stato poi rintracciato dalle Volanti a luglio ed era stato richiesto il nulla osta dell'autorità giudiziaria per reati pendenti a suo carico. Per la banca dati della questura di Roma risultava irreperibile anche il nigeriano Chinna, il cui permesso per motivi umanitari non era più valido dal 13 marzo 2018. In città avevano appoggi su cui contare e quel cantiere di via dei Lucani era diventata la base per i loro traffici. TERRIBILE SOSPETTO La studentessa di Cisterna era solo una ragazzina, in realtà viveva da donna inquieta e fragile, affogando i suoi problemi tra psicofarmaci e brutte compagnie. Niente a che vedere con la spensieratezza che si addice a una giovane della sua età. Il sospetto di chi indaga è che pur di procurarsi una dose, si fosse perfino prostituita, naturalmente di nascosto dai genitori che mai avrebbero immaginato di finire in un simile tunnel. Desirée conosceva i suoi aguzzini e quella notte li ha seguiti nel loro covo da cui non è più uscita. Mamma Barbara, straziata dal dolore, ha detto: «Ora voglio giustizia per Desy, voglio che questa tragedia non accada ad altre ragazze». «Sono distrutta», ha aggiunto. «Speravo mi riportassero mia figlia. Non sapevamo che Desirée frequentasse Roma, sapevamo che andava a Sezze, aveva amici a Cisterna. Non riusciamo a capire ancora come sia arrivata in quel luogo». Alla fiaccolata di ieri sera a San Lorenzo, uno striscione del padre: «Papà ti porterà sempre nel cuore». di Brunella Bolloli

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