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Vaticano, la vergogna dietro gli aiuti dell'elemosiniere del papa: zero sostegno ai clochard

Gino Coala
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Di fronte alla basilica di San Pietro ti fanno più impressione del solito i bivacchi di clochard sotto i portici della sala stampa pontificia. Non pregano, bestemmiano. Non sorridono, urlano. E bevono tanto. Birra, alcool, quel che si procurano. E poi dormono, il giorno è come la notte e la notte diventa giorno. La prima domanda è perché quei disperati siano lì e non trovino aperte quelle porte che il Vangelo dovrebbe spalancare. Non sono un esercito e quindi non dovrebbe essere difficile recuperare una sistemazione fissa, sicura, dignitosa. Magari sono loro stessi a respingere la soluzione, ma, come abbiamo fotografato, una suora non può camminare frettolosa ed indifferente nel suo abito bianco senza degnarli di uno sguardo, di una parola, di una carezza. Leggi anche: Papa Francesco, retroscena terremoto dal Vaticano: "Bisogna fermare il sovranismo religioso della Lega" La suora non si ferma, ma monsignor Konrad Krajewski si è spinto fino in via Santa Croce in Gerusalemme per compiere un gesto di forza, andando contro le regole della legalità. Dio disse: «Sia la luce» e luce fu. L' elemosiniere del Papa è andato a togliere i sigilli a un contatore che era ormai esausto di erogare corrente elettrica a sbafo, a fronte di un debito di oltre 300mila euro. Don Corrado (così si fa chiamare l' elemosiniere) lo ha fatto in uno stabile occupato dal 2013, con oltre 450 persone provenienti da 17 nazioni, e se ne è preso ogni responsabilità convinto che a queste 170 famiglie doveva essere restituito quanto tolto. A loro, e chissà perché solo a loro, cristianamente baciate dalla ruota della fortuna vaticana. Ed è quello che ha chiesto il ministro Salvini: «Sostenere l' illegalità non è mai un buon segnale. Ma se il Vaticano vuole pagare le bollette agli italiani in difficoltà ci dia l' Iban. Da Nord a Sud siamo pieni di italiani che faticano a trovare i soldi per la luce...». Siamo andati a farci un giro in quella casa benedetta dal Papa, è al civico 55 di via Santa Croce in Gerusalemme, nel quartiere Esquilino, in una zona che non ha nulla a che fare con le nefandezze della vicina Termini, per esempio. Questa è una zona ben abitata, piena di attività e di fronte al palazzo c' è un hotel a 3 stelle. CANONE SOCIALE Sulla facciata dello stabile c' è un solo striscione, in vista ed imponente, che senza mezzi termini ti spiega che sei tu il coglione a pagare l' affitto perché «il diritto alla casa è sacrosanto». Diversi piani a rincorrersi, una moltitudine di finestre una uguale all' altra, la maggior parte senza tende. Non vedi volti affacciarsi, nessuno altro striscione di lotta. Ci sono delle sedie di plastica all' esterno, sul marciapiede, e qualche giovane extracomunitario seduto a far passare il tempo. Esce un' anziana con l' ombrello in mano, una ragazza che sta andando all' università e Josè, un peruviano di 80 anni che ti racconta un' esistenza da badante e volontariato. «Da qui non ci muoviamo - spiega -, questa è la nostra casa. Io ci abito da 4 anni, non ho i soldi per andare altrove ma se ci fanno canoni sociali per le utenze siamo pronti a discuterne». E suggerisce: «Le autorità vengano a fare un censimento. Ci controllino, uno ad uno. Chi non ha i requisiti di legalità lo sbattano fuori, ma non ci tolgano la nostra casa». Chiedo se è possibile entrare nel palazzo e vedere come si vive in quelle stanze, ma lo Josè mi spiega che è impossibile: «Il clamore degli ultimi giorni ha cambiato le regole. Ci è stato chiesto di non far entrare neppure gli amici e noi obbediamo. Ringraziamo tanto il monsignore, ha fatto un gesto importante per ognuno di noi». Ex sede dell' Inpdap, lo stabile di via Santa Croce è stato «occupato, liberato ed aperto da subito» da Action il 12 ottobre 2013 «per farne la casa per centinaia di persone bisognose». GLI AFFARI GIRANO E così, pezzo per pezzo, è nato Spin Time Labs, «un cantiere di rigenerazione urbana, una nuova dimensione dell' abitare». Un cartello posto all' ingresso spiega che Spin Time sarà sempre «insieme a padre Konrad, a chi salva le vite nel Mediterraneo e a chi ogni giorno lotta per il diritto alla luce, alla casa, allo studio, alla cultura per un nuovo modello di città, aperta e solidale. Siamo disposti a pagare le utenze ma a canone sociale. I sindaci seguano l' esempio di Leoluca Orlando a Palermo». Dichiarano di essere «tutti Padre Konrad» e ironicamente sfottono Matteo Salvini invitandolo a una colletta: «Contiamo di pagare il debito in 80 anni. Il calcolo è di 318 euro al mese che diviso per le 170 famiglie che vuoi al buio fanno 1,8 euro a testa. Tu che fai, ci aiuti? Bacioni enormi da sognatori ribelli con orizzonti comuni». Naturalmente l' attività economica nello stabile non si ferma. Osteria ed enoteca, un laboratorio di birra artigianale, una falegnameria, corsi di tango e di takendoo, una discoteca che in molti dicono abusiva... tutto con prezzi d' ingresso, adesione o consumo senza «canone sociale». Ma giovedì notte a padre Konrad non è riuscito il secondo miracolo. All' ultimo momento è saltato (proprio come la luce) il programmato rave party. «Amen rave», per la precisione. Amen. E chissenefrega, pure. di Paola Pellai

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