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Nessuna truffa alla sanità: Antonio e Giampaolo Angelucci assolti dopo 16 anni con formula piena

Davide Locano
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Antonio Angelucci, deputato di Forza Italia, e suo figlio Giampaolo hanno vinto la battaglia con la giustizia: dopo sedici anni di inchieste e processi al veleno sono stati assolti con «formula piena perché il fatto non sussiste». E con loro altre tredici persone. L' accusa, rivelatasi durante il processo priva di fondamento, era di associazione per delinquere, abuso d' ufficio e truffa ai danni del Sistema sanitario regionale del Lazio per un ammontare di circa 160 milioni di euro, soldi erogati alla clinica convenzionata San Raffaele di Velletri, in provincia di Roma, tra il 2004 e il 2010. Un impianto accusatorio che aveva spinto la procura di Velletri a chiedere una condanna a 15 anni di carcere per i due protagonisti della sanità privata italiana. Secondo i pm, gli Angelucci, attraverso le loro proprietà editoriali, avrebbero anche esercitato delle pressioni su Piero Marrazzo, l' allora presidente della Regione Lazio, e Augusto Battaglia, assessore alla Sanità all' epoca dei fatti contestati (mai coinvolti nell' indagine), al fine di evitare che emergessero le presunte attività illecite. In pratica, nella ricostruzione del pm, sarebbe stata creata una struttura che vedeva al vertice gli Angelucci, padre e figlio, in mezzo i dirigenti del gruppo con il compito di creare rapporti istituzionali al fine di ottenere provvedimenti favorevoli alla casa di cura in questione, in coda diverse persone con il compito di produrre false documentazioni. Ovvero false diagnosi d' ingresso e certificazioni di prestazioni sanitarie non autorizzate per poter così intascare i soldi dalla Regione. Tra i dirigenti coinvolti della Pisana, sede del consiglio regionale del Lazio, e della Asl, figuravano i nomi di Rodolfo Conenna, Agnese D' Alessio e Tiziana Petucci. LA LISTA E nella lista degli imputati per cui erano state chieste le condanne c' erano anche Carlo Trivelli, presidente dell' istituto San Raffale (che raggruppa tutte le strutture sanitarie del gruppo Tosinvest, la holding che controlla anche Tosinvest sanità, che gestisce numerose case di cura e riabilitative in tutta Italia) e l' ex ad della Tosinvest, Antonio Vallone. Nell'elenco, inoltre, figurava anche Mauro Casanatta, considerato dai pm il plenipotenziario della Tosinvest per quanto riguardava i rapporti con le istituzioni. Invece, l' assoluzione con «formula piena perché il fatto non sussiste» decisa ieri dalla quarta sezione collegiale del tribunale di Roma, ha sancito la totale e completa estraneità ai fatti contestati agli Angelucci dalla procura di Velletri e agli altri imputati, che si sono così liberati da questo fardello giudiziario. «Nella fase iniziale delle indagini furono fatti alcuni errori, si trattava di una vicenda complessa dal punto di vista normativo che però il Tribunale ha invece saputo ricostruire puntualmente», ha spiegato l' avvocato Pasquale Bartolo, difensore di Vallone. «Antonio e Giampaolo Angelucci e i dirigenti del San Raffaele esprimono la loro soddisfazione per la decisione del Tribunale di Roma», si legge in una nota rilasciata ieri mattina dal centro ospedaliero. «Questa decisione conferma il rispetto per la magistratura nei cui confronti hanno sempre avuto piena fiducia e rafforza il convincimento sempre avuto nella giustizia. Questa sentenza restituisce dignità ed onore anche alle centinaia di lavoratori del San Raffaele Velletri che così vedono riconosciuto il loro impegno a favore di migliaia di pazienti». L'ONORE «È stato restituito onore a una famiglia di imprenditori. Ad Antonio, a Giampaolo, a una grande azienda romana impegnata in un settore strategico come quello sanitario e ad altre 13 persone. Sono e siamo contenti anche come movimento politico di Forza Italia che oggi vede assolto un imprenditore serio ma anche un suo autorevole parlamentare», il commento del senatore azzurro Francesco Giro, da sempre vicino alla famiglia Angelucci, certo della loro innocenza. Innocenza sigillata ieri dai giudici del tribunale di Roma. di Tiziana Lapelosa

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