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Emanuela Orlandi e quella telefonata in Vaticano due ore dopo il rapimento. La rivelazione di monsignor Viganò

Cristina Agostini
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La famiglia di Emanuela Orlandi presenterà un'istanza formale all'autorità giudiziaria vaticana affinché sia fatta una verifica sulla telefonata arrivata alla Sala stampa Vaticana la sera della scomparsa della quindicenne cittadina vaticana e svelata da monsignor Carlo Maria Viganò in un'intervista al vaticanista Aldo Maria Valli. "Quella telefonata sarebbe la prima telefonata in assoluto sul rapimento. E sarebbe stata fatta due ore dopo la scomparsa, alle 21 precisamente, mentre Emanuela è stata vista per l'ultima volta alle 19" del 22 giugno del 1983.  "Quella che fino a poco tempo fa potevamo indicare solo come fonte ora ha nome e cognome", scrive su Facebook Pietro Orlandi, fratello di Emanuela che rilanciando l'intervista di Viganò che all'epoca lavorava nella segreteria di Stato Vaticana. "Quella sera mi trovavo in ufficio in segreteria di Stato alla terza loggia insieme con monsignor Sandri, mentre il sostituto era assente", racconta. "Erano circa le 20, o forse più tardi, quando ricevetti una telefonata da padre Romeo Panciroli, allora direttore della sala stampa vaticana, il quale mi annunciò che era giunta, appunto alla sala stampa, una telefonata anonima che annunciava che Emanuela Orlandi era stata rapita - continua Viganò - Padre Panciroli mi disse che mi avrebbe inviato immediatamente via fax un testo con il contenuto della telefonata". In quel testo, spiega, "si affermava che Emanuela Orlandi era detenuta da loro e che la sua liberazione era collegata a una richiesta, il cui adempimento non necessariamente dipendeva dalla volontà della Santa Sede. Si trattava di un messaggio formulato in termini precisi e ben costruito. Esso è indubbiamente reperibile nell'archivio della segreteria di Stato". L'arcivescovo Achille Silvestrini (futuro cardinale, morto il 29 agosto scorso, ndr) "esse il testo e commentò che secondo lui si trattava dello scherzo di pessimo gusto di qualche squilibrato". "Mi venne in mente che il contenuto della telefonata anonima presentava una strana coincidenza con un'altra vicenda. Poco tempo prima era giunta in segreteria di Stato una lettera, firmata da un sedicente rifugiato di un paese dell'Est Europa, il quale diceva di trovarsi in un campo profughi in Friuli e chiedeva asilo politico in Vaticano. Alla lettera allegava una sua fotografia formato tessera e un certificato della sua iscrizione al medesimo istituto di musica sacra frequentato da Emanuela Orlandi". Continua: "Non mi fu dato sapere quali iniziative abbia preso nell'immediato monsignor Silvestrini, ma non ho dubbi che ne informò il sostituto e il cardinale segretario di Stato Agostino Casaroli e anche papa Giovanni Paolo II", racconta ancora mons. Viganò. Le reazioni furono di viva "preoccupazione e di grande impegno per fare il possibile per salvare Emanuela". 

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