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Coronavirus, la testimonianza di un 60enne: "Dieci giorni a chiedere invano un tampone". Così si spiegano i tanti morti in casa?

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“Ho rischiato di finire in rianimazione e non ci potevo credere dopo tanti giorni passati con la febbre a chiedere invano un tampone”. È la storia di un 60enne, intervistato da Repubblica direttamente dal reparto di terapia semi-intensiva dell’ospedale Umberto I di Roma. L’uomo ha raccontato i dieci giorni da paura passati da solo in casa con il virus, senza che nessuno accogliesse la sua insistente richiesta di sottoporsi al tampone. “Il 7 marzo mi è venuta la febbre - ha rivelato - e ho seguito le istruzioni. Il 9 sono stato messo in contatto con lo Spallanzani per il monitoraggio a distanza, ogni quattro ore mandavo temperatura e sintomi: febbre tra 37,5 e 38, tosse ma non avevo problemi respiratori ancora. E ritenevano che non fosse il caso di farmi il tampone”.

La storia è andata avanti per una settimana, poi la febbre è salita ancora ed è arrivata la visita a casa, con conseguente diagnosi di broncopolmonite. A quel punto il 60enne ha implorato di fare il test, ma la risposta è stata ancora negativa. E si arriva così a lunedì 23 marzo, quando la situazione è precipitata: “Ho avuto un attacco di 30 minuti di tosse e sono andato nel panico. Mercoledì mi sono svegliato con la febbre a 39,7 e facevo fatica a parlare. Di pomeriggio hanno deciso di ricoverarmi”. In ospedale finalmente l’uomo è stato sottoposto al tampone, ovviamente positivo, ed è stato necessario anche l’intubazione. Adesso è fuori pericolo: “Faccio fatica a parlare ma sto meglio. Questa bestia è insidiosa, ti entra dentro e in poche ore ti devasta. Restare a casa con il virus per dieci giorni non si può. Forse è per questo che muore tanta gente”. 

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