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Immigrazione e coronavirus, così i clandestini infettano il cibo in caserma: orrore oltre ogni limite

Salvatore Dama
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Tu pensa al posto più schifoso che conosci. Moltiplica per dieci e ti avvicini a quello che può essere l'hotspot di Lampedusa in questi giorni. L'ingresso principale è presidiato dai bersaglieri dell'esercito. Se ti avvicini, aprono il cancello, chiedono di qualificarti (con gentilezza) e ti invitano a non fare foto o riprese. Affianco al portone, dove c'è un via vai di macchine di polizia, finanza e carabinieri, giace abbandonato un bancale con l'acqua minerale. Qualche centinaio di bottiglie. Sotto il sole. Da tre giorni. Saluti, risali in macchina e ti addentri verso il centro dell'isola passando per Contrada Cave. Al secondo dammuso che incroci prosegui a destra. Sullo sterrato. Con due precauzioni: la coppa dell'olio e i tunisini che camminano al bordo della strada. Non potrebbero uscire dall'hotspot, ma escono. C'è un buco nella recinzione. Che non viene riparato apposta. È' una valvola di sfiato. È impossibile tenere mille persone in un luogo predisposto per novanta. È algebra, non c'entra l'accoglienza. Tanti si portano le coperte e i materassi fuori (materassi sono dei rettangoli di spugna compressa) e vanno a dormire nelle campagne, cercando l'ombra di un carrubo. Ma poi lasciano sporcizia e schifo e i residenti della zona si incazzano. Altri vanno fuori per andare a mangiare, perché dicono che il cibo della mensa sia insufficiente oltre che di pessima qualità. Arrivano alla gastronomia del porto nuovo o al Simply del centro città. E qui entrano in contatto con i turisti, che si godono le spiagge dell'isola ignari di quello che accada a Contrada Imbriacola.

 

 

CONTATTI A RISCHIO
È un problema. Che qui sembrano sottovalutare. Perché nell'hotspot la profilassi sanitaria è affidata a un preciso protocollo: il fato. Se chiedi, ti assicurano che tutti i migranti ospitati hanno fatto il tampone. Ma poi vengono fuori dei casi di positivi e nessuno sa come sia possibile. Dodici migranti dei 350 fatti salire sulla nave-quarantena sono risultati contagiati. E gli altri? Sono stati tutti a contatto. E, per contatto, si intende questo: hanno dormito, mangiato, pisciato e cagato nello stesso metro quadrato, in condizioni igieniche perlomeno discutibili. Non ci sono docce. Non ci si lava. Nessuno (o quasi) utilizza le mascherine. Questa è la allucinante situazione riferita da una delegazione di tunisini al loro deputato Sami Ben Abdelaali, che ha tentato invano di fare una visita nel centro. Autorizzazione negata dal ministero dell'Interno.

Una bomba sanitaria che può esplodere da un momento all'altro. Ma non si può dire. Altrimenti il sindaco Totò Martello si offende. E dice che i giornalisti diffondono "fake news". Ieri il primo cittadino di Lampedusa e Linosa ha accusato Libero di aver diffuso la notizia del barbecue canino organizzato da un gruppo di migranti: «Una bufala», ha detto. Peccato (per lui) che ci siano foto e video con i resti della carcassa dell'animale cucinato alla brace. Per dare la dimensione del problema sanitario, comunque, basta aggiungere questo: anche il presidente della Nova Facility, cooperativa che gestisce l'hotspot di Lampedusa, pare che abbia preso il virus. «Non c'è una avvisaglia di un mio eventuale contagio», rivela Gianlorenzo Marinese al Corriere Veneto, «ma sono in sorveglianza sanitaria: ho trasportato in auto due migranti che poi sono risultati positivi al Covid-19». Marinese è bloccato sull'isola. Mentre dovrebbe raggiungere Treviso. Lì un altro centro di accoglienza amministrato dalla sua coop - la caserma Serena - è diventato focolaio di contagio. Colpa delle autorità, che non intervengono, e dei migranti. Sono indisciplinati: «I malati si rifiutano di lasciare le loro stanze e io non posso costringerli». Sani e contagiati continuano a rimanere insieme. E c'è anche un fatto culturale, oltre alla disobbedienza: «La maggioranza degli ospiti non crede all'esistenza del coronavirus, non vuole utilizzare le mascherine e arriva perfino a sputare sul cibo di chi invece teme la malattia».

FUGA DA POZZALLO
Intanto ieri a Pozzallo, cinquanta migranti sono fuggiti dall'hotspot. Lo stesso dove sono stati trovati 19 covid-positivi. Il sindaco, Roberto Ammatuna, ha informato la cittadinanza sostenendo che si sia trattato di una fuga dal padiglione in cui al momento non ci sono infetti. Le forze dell'ordine stanno pattugliando il territorio. Alcuni migranti sarebbero poi rientrati autonomamente e altri sarebbero stati e ricondotti al centro.

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