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Coronavirus, il ristoratore suicida a Firenze per paura di un nuovo lockdown

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Sì è tolto la vita a 44 Luca, un ristoratore di Firenze, sposato, con due figli, per colpa del lockdown, la paura di un nuovo lockdown. Durante i giorni della chiusura l'imprenditore aveva maturato preoccupazione e paura per il futuro suo e del ristorante, che si trova a pochi passi dalla Basilica di Santa Croce.  Luca da mesi confidava sempre più spesso le sue preoccupazioni ai colleghi commercianti. Non aveva debiti ma temeva il futuro. A loro affidava gli sfoghi, le preoccupazioni di non potercela fare. 

Temeva che "i suoi figli non avrebbero avuto un futuro sicuro", ricordano nel negozio di ottica, "e allora gli dicevamo che il problema era per tutti uguale, gli incassi calavano a tutti. Ma gli montava questa angoscia, questo pessimismo, andò nel pallone già prima che scattasse il lockdown, con le notizie dei primi contagi. Temeva per i figli, sembrava si sentisse in colpa, ma senza ragione. La sua famiglia la conosciamo, è gente unita, tutti sempre insieme, vive da oltre 30 anni con questo ristorante". 

 

 

 

 

"L'azienda era sanissima, non c'erano debiti. Il problema è stata l'incertezza per il futuro e la mancanza di prospettive. Ora chiedo solamente rispetto per mio fratello e per la nostra famiglia. Non voglio speculazioni mediatiche né politiche. Vogliamo solamente rispetto". Lo ha detto in un'intervista all'emittente 'Italia 7' il fratello del ristoratore di Firenze che si è tolto la vita oggi. Un intervento che ricostruisce i contorni di un fatto che ha sconvolto la città.

 "Tutto quello che è stato scritto sui giornali e sulla stampa è sbagliato - ha continuato -. Le difficoltà economiche per fortuna non c'erano perché l'azienda è sanissima, di famiglia. Non sono mai stati fatti debiti, prestiti, fino al momento del lockdown: l'azienda era completamente sana, poi un mese e mezzo prima della chiusura è stato acquistato il fondo da parte di mio fratello con il leasing d'azienda, a nome suo".

"Se questo ha fatto scattare qualcosa in lui? Non è stato il debito - ha risposto il fratello della vittima - ma l'incertezza verso il futuro: una possibile nuova chiusura, un altro lockdown: non c'era questa prospettiva sicura e questo ha reso una persona fragile. Se in 40 anni sei un'azienda abituata a pagare tutti, a non avere debiti, poi ti chiudono per il lockdown dopo un investimento del genere, un passo enorme, e ti dicono 'bene, ora prendetevi un prestito e cavatela da solì. Questa roba ha reso fragile una persona che non era abituata a fare debiti".
 

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