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La giustizia non va in ferie: i sindacati contro il presidente delle Camere penali

Sandro Iacometti
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Una cosa sono le udienze, un'altra gli uffici giudiziari. Per questo, di fronte all'allarme lanciato dal presidente delle Camere penali, Gian Domenico Caiazza, che invoca un monitoraggio delle attività per evitare la paralisi, il sindacato Confsal-Unsa scende in campo a difesa dei lavoratori del settore. "Forse", ha replicato il segretario generale della federazione Massimo Battaglia, "l’avv. Caiazza era in ferie, ma vorremmo ricordargli che sin dal principio della pandemia – come per ospedali e pubblica sicurezza- gli uffici del Ministero della Giustizia, dai Tribunali alle Procure, dagli Unep agli Istituti Penitenziari per adulti e minori, sono rimasti aperti. Inoltre non si comprende - se non a fine strumentale - quale utilità possa avere l’attività di monitoraggio cui si fa cenno quando è eseguita a cavallo della fine della sospensione feriale prevista per il 2 settembre, sospensione tra l’altro che impatta solo sulle udienze e non già sul resto dell’attività che continua ad essere svolta".

 

 

Per Battaglia sono cinque mesi che "amministrazione e sindacati lavorano e si confrontano per gestire un’emergenza sanitaria senza precedenti - che non ha inventato il sindacato - al fine di tutelare la sicurezza di lavoratori, avvocati e utenza degli uffici giudiziari, ed evitare casi di contagi negli Uffici che hanno portato da ultimo alla chiusura dell’Ufficio nep di Roma". Quanto all’efficienza del sistema giudiziario, prosegue il sindacalista, "non accettiamo lezioni da nessuno, anche perché come è scritto nei Tribunali ove operiamo tutti giorni, la Giustizia si amministra nel nome del popolo italiano e non nel nome di qualche associazione. Oggi viviamo un momento delicatissimo, e dobbiamo tutti - amministrazione, dirigenza, lavoratori, sindacati, avvocati, parti in causa - trovare un punto di equilibrio tra efficienza giudiziaria in epoca covid e sicurezza necessaria per abbattere la diffusione dei contagi e vincere questa guerra comune contro un virus subdolo che per trasmettersi non guarda né professione, né attività svolta".

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