C'è Assiano, che a tutt' oggi è "il regno delle rane". E poi Rocchetto sul Naviglio, con i suoi affreschi quattrocenteschi. Garegnano, che ha ispirato addirittura Caravaggio; il castello di Macconago del XIV secolo e l'abbazia umiliata (XII secolo) di Monluè. Quanto è bella Milano, ma quanto è dimenticata. A raccontarla ci ha pensato Roberto Schena: «È stato un lavoro lungo» dice con voce simpatica, «di ricerca, soprattutto». Sì, perché nel suo ultimo libro che s' intitola per l'appunto Milano, il patrimonio dimenticato (edizioni Magenes, 150pp, 25 euro) si ripercorre la storia dei borghi ducali della Madonnina, centri pieni d'arte che oggi non si ricorda più nessuno.
«Viviamo in un tesoro a cielo aperto che è unico in Europa: l'area milanese conta settantanta borghi che fanno tutti parte del tessuto cittadino, ma il Comune non ha mai pensato di metterli in rete». Ed è un peccato, a tutti gli effetti: «C'è un percorso ideale che parte da Baggio e scende giù, lungo tutto il parco Sud per poi risalire a Monluè: sarebbe immerso nel verde, un connubio perfetto tra cultura e natura. Si potrebbe pensare a una stupenda pista ciclabile, lì non si incontra una macchina nemmeno volendo». E invece i percorsi riservati alle bici, a Milano, li fanno in corso Buenos Aires, col traffico congestionato da una parte e i negozianti infastiditi dall'altra. Va così.
IL GIOIELLO
Abbiamo a fianco bellezze di un valore inestimabile e neanche lo sappiamo. Le abbiamo scordate, col risultato che, nel migliore dei casi cadono a pezzi, e nel peggiore sono già in completo disfacimento. Prendiamo la Certosa di Garegnano: «È, per importanza, una delle principali a livello nazionale. Ma non la conosce più nessuno. E dire che quella di Pavia è nata grazie a questo posto», spiega Schena, giornalista in pensione di 66 anni che ha passato la vita a raccontare la cronaca di Milano e, adesso, s' è messo in testa di mostrare ai suoi concittadini i tesori dimenticati della città. «Viale Certosa prende il nome proprio da lì», continua, «al momento la Certosa di Garegnano è tenuta bene, ma il resto del territorio con cui confina no». Ecco, il tasto dolente: perché non basta essere pieni di gioielli d'altri tempi, occorre anche valorizzarli. Soprattutto le aree circostanti i castelli e le abbazie.
«Al Comune di Milano suggerisco di creare una mostra che ripercorra questi luoghi, ma anche di metterli in rete. Coinvolgendo magari il Politecnico, che non purtroppo è mai stato chiamato su questi argomenti. E poi gli imprenditori, gli storici, gli industriali: perdere questa memoria sarebbe un errore». Intendiamoci, fondazioni e privati fan quel che possono: e dove ci han messo le mani, il recupero c'è. Il castello di Macconago è l'unico medioevale (a parte lo Sforzesco, s' intende) presente nell'area metropolitana: «Però l'intero borgo è spettacolare, uno dei più belli della Lombardia. Voluto dai Visconti, affidato ai Pusterla. Si respira un'atmosfera storica». Nella Certosa di Garegnano ha lavorato Daniele Crespi, ci sono i dipinti di Simone Peterzano (che è stato il maestro di Caravaggio), e la sua area si estendeva fino a Musocco, nella zona vicina all'area che ha ospitato l'Esposizione universale del 2015, tanto per intenderci.
ANTICHI DUCHI
«Milano ha una serie di borghi ducali che sono piccoli comuni voluti dai suoi antichi duchi e in seguito regalati alla cittadinanza» ribadisce Schena, «un po' come a Londra i borghi reali». Di più: le cascine, i fontanili che permettono (ancora adesso) alle risaie presenti di produrre una delle qualità di riso più apprezzate d'Italia: c'è solo imbarazzo della scelta. Milano, il patrimonio dimenticato è solo il primo volume di un'opera che sarà completa nella prossima primavera, Coronavirus permettendo, e che approfondirà la storia centenaria di altri borghi: le fotografie scattate (ce ne sono a centinaia) sono firmate da Andrea Cherchi. «A Chiaravalle l'abbazia è sicuramente ben tenuta» chiosa l'autore, «ma il resto del borgo si scontra quotidianamente con problemi di sistemazione. È fatiscente perché manca la cura, purtroppo non c'è nessuna attenzione a queste realtà» che di periferico hanno appena la collocazione fuori dal centro moderno della Madonnina.