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Inps, ha le case vuote ma va in affitto

Pasquale Tridico presidente dell'Inps

L'ente vanta 17mila immobili sfitti, però poi versa decina di milioni per le sue sedi (richieste ad altri)

Francesco Specchia
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Si chiamano “immobili strumentali” e sono lo storico, invincibile paradosso dell’Inps. Sono quei locali e uffici pubblici vibranti di fervida attività per i quali l’ente di previdenza paga ben 87milioni di affitti, nonostante lo stesso ente vanti un patrimonio di 17mila immobili sfitti e in costante deperimento.

Il patrimonio Inps è avvitato su questa contraddizione. Da un lato incassa dagli “immobili a reddito”, cioè dai propri locali in affitto (a canoni miserrimi come già documentato), 57,4 milioni di euro annui che sia asciugano via via, tra gestione e manutenzione, fino al rosso. Dall’altro, l’Inps si svena nei cosiddetti “canoni passivi”. L’ultimo esempio del suddetto spreco viene da Como. Dove è andato a vuoto il bando pubblico “per trovare un edificio in centro che costi meno” di quello dell’attuale sede Inps di via Pessina –almeno a detta della direttrice locale Rosaria Cariello- il cui costo di locazione è di 220mila euro. E il prezzo raddoppierà tra pochi mesi, dato che il canone attuale di 449.116 euro viene pagato per metà oggi dallo Stato che ne ha acquisito la proprietà nel fondo immobili pubblici per decreto Mef 12/2004; e lo Stato, spazientito, smetterà di sborsare nel 2020. Secondo la rendicontazione Inps del 2019 sono circa 200 gli immobili strumentali sul territorio; e si dividono a loro volta in immobili “di proprietà” per cui i locali spesso vanno in comodato e in immobili “in affitto”. Molti di essi sono concentrati non nelle grandi città, ma in provincia dove si confondono con l’ambiente e si notano meno. Giusto per parlare di affitti sopra i 100mila euro annui, gli esempi sono vari.  A Taranto in via del Golfo la Direzione Provinciale paga per la locazione 645.314,76 all’anno. L’omologa direzione di Nocera inferiore, provincia di Salerno, sborsa 415.483,24 euro. A Teramo in via Oberdan è locata per 343.400 euro. A Gravellona Toce, sede di Verbano-Cusio-Ossola, il canone è di 276.010. A Moncalieri 177.778. A Noto 116.926. A Terni 253.113.  Nella sarda Iglesias, 191.931,34.  La concentrazione degli alti affitti per chilometro quadrato al sud sta in Calabria dove a Cosenza in piazza Loreto la sede centrale Inps costa 450.000; a Catanzaro in via Campanella e in località Serrantazzo rispettivamente 193.224 e 275.692,09. Ma anche nei grandi centri le (poche) locazioni hanno prezzi spropositati: a Legnano,  Milano, in via Podgora l’Agenzia 2 paga 405.450; a San Donato, sempre sotto la Madunina, il contratto è di 468.785,20. Prezzi folli nella Capitale: per la filiale metropolitana Roma Casilino la locazione è di 1.163.048,08; a Roma via di Torrevecchia di 1.123.994,28; in via Igino Giordani di 787.007,76; la filiale metropolitana di via Longoni tocca i 1.163.048,08 euro. E potremmo continuare a lungo. Se si considera che l’Inps affitta i propri locali a terzi (o ad altre pubbliche amministrazioni) con canoni irrisori anche di 2000 euro l’anno, la sproporzione tra entrare e uscite assume contorni non solo etici ma di irrefrenabile voragine nei conti pubblici. La storia è vecchia ma vale la pena raccontarla, se nulla cambia.

O meglio, ad essere onesti qualcosa cambiò. Nel 2010/2011, periodo di massimo fulgore, si spendevano circa 100 milioni l’anno per “affitti di beni strumentali”. Fu fatta - slancio che estrasse l’amministrazione pubblica dalla palude della burocrazia- una revisione sui “metri quadrati per uomo”; cioè, sulla base di una disposizione di Prodi poi ripresa da Brunetta ministro delle Funzione Pubblica, era stabilito che per ogni dipendente pubblico erano previsti non più di 25 metriquadrati. Si scoprirono, dalla ricognizione conseguente, casi in cui ogni impiegato aveva a disposizione 200 mq; da lì si liberarono 1 milione di metri quadrati. I sindacati si levarono contro quell’ottimizzazione. Ma un’altra ricognizione mise in luce che i dirigenti cheguevaristi di quegli stessi sindacati alloggiavano, comodi, proprio nelle sede Inps all’Eur in via Chopin e in centro in via della Frezza. Tanto per dire. Quando, poco tempo fa, la trasmissione Mediaset Fuori dal coro fece notare lo spreco della grande sagra dei “beni strumentali”, l’ente rispose educatamente con la solita formula: “Riguardo all’affitto delle sedi degli uffici: negli ultimi otto anni, dopo l’integrazione Inps-Inpdap-Enpals, la spesa sostenuta dall’Inps per locazioni si è quasi dimezzata e, laddove possibile, l’Istituto da diverso tempo sta trasformando gli immobili a reddito in immobili strumentali per i propri fini istituzionali”. Il che è vero, ma il problema rimane. L’inps aggiunse: “Le scelte strategiche che hanno impatto sul patrimonio immobiliare dell’Inps sono regolamentate da provvedimenti legislativi e non sono frutto di decisioni autonome dell’Istituto. Seguono complesse manovre finanziarie, condotte negli anni, volte a ristabilire l’equilibrio dei conti pubblici anche mediante la dismissione del patrimonio immobiliare dello Stato e degli enti pubblici. L’Inps ha correttamente rispettato ed applicato tali leggi”. Nessuno ne ha mai dubitato. Ma un conto è la legge, un altro l’etica…

 

 

 

 

 

 

 

 

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