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Napoli, la sentenza è già scritta: tra le carte, la scoperta del legale prima del verdetto

Claudia Osmetti
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È rimasto di stucco, l'avvocato Gerardo Rocco di Torrepadula, quando si è avvicinato al banco dei giudici della IV sezione penale della Corte d'appello di Napoli e ha trovato, quasi completamente redatta, la sentenza di un processo che non aveva nemmeno discusso. «È una situazione alienante», dice lui, col tono ancora sorpreso e il sorriso di chi proprio non se ne capacita: «Non avevo neanche aperto bocca ed era già tutto lì, deciso». Ci scherza su, ma mica tanto: ché il fatto è di quelli seri, tanto che ci si mettono di mezzo l'Anm e pure le Camere penali. Ma andiamo per gradi: mercoledì scorso Rocco di Torrepadula sta difendendo un imprenditore già condannato (in primo grado) per una faccenda di marchi contraffatti e cover dei telefonini. Non è proprio il processo dell'anno. A un certo punto si chiama una pausa, l'udienza viene sospesa perché il collegio è impegnato altrove e lui fa quel che farebbe un buon avvocato: si mette a sfogliare il fascicolo del suo assistito per vedere se gli è sfuggito qualcosa. «Chiedo al cancelliere di potermi avvicinare al banco e mi trovo», racconta, «cinque paginette redatte in bella copia, che vanno dall'intestazione "Repubblica Italiana" al "p.q.m." finale, e che sono la sentenza già scritta. Che infligge, tra l'altro, cinque mesi di reclusione e 1.500 euro di multa. Insomma, mancano solo le firme».

 

 

 

Non ci crede, Rocco di Torrepadula e per essere sicuro di aver visto bene scatta una fotografia. Poi chiama le Camere penali partenopee di cui è socio e solleva la questione al collegio giudicante. Come è possibile? Siam sempre qui a lamentarci della giustizia ritardata e adesso salta fuori che certi magistrati son persino in anticipo? Il procuratore generale si affretta a dire che si tratta di appunti privati: della serie, quante storie per degli scarabocchi. Ma nel frattempo quei fogli stampati "spariscono" per ricomparire, su sollecitazione di parte, nella mani del giudice relatore. «"Il presidente del collegio è stato molto corretto», ammette l'avvocato, «e ha preteso di vedere il documento e di allegarlo alla verbalizzazione della seduta». Rocco di Torrepadula chiede una procura speciale al suo assistito che gli permette di ricusare il collegio, la decisione è fissata per il 18 giugno. Fine della storia?Neanche per sogno, perché oramai la frittata è fatta. La costola napoletana dell’Anm (l’associazione dei magistrati) s’indigna: tutto da dimostrare, dice in una nota, son solo appunti e poi erano «in un fascicoletto contenente carte private del giudice nel quale nessuno dovrebbe mettere la mani». L’avvocato sela prende: «Mi accusano di aver sbirciato o che altro? Sciocchezze. Ci sono gli allegati che lo dimostrano».

 

 

 

Sciopero in vista

E le Camere penali non ci stanno: minacciano un giorno di sciopero, chiedono chiarezza. Oggi è il giorno del confronto, a Napoli: è previsto per ora di pranzo un incontro a tre: «Se ci saranno prese di coscienza su quanto accaduto e verrà riconosciuta l’ingiusta accusa che è stata mossa al nostro collega, bene», specifica il presidente dei penalisti Marco Campora, «altrimenti siamo costretti ad andare avanti con la nostra protesta». È che si può capire tutto: i tribunali oberati e il tempo che non basta mai, però in un processo (che tira in ballo la libertà, e quindi la vita, delle persone) la forma vale quando la sostanza. Lo insegnano al primo anno di Giurisprudenza, quando insegnano pure che le sentenze si scrivono dopo il dibattimento, non prima. Invece il caso napoletano non è unico nel suo genere: l’anno scorso scoppiò un putiferio (con le Camere Penali che chiesero l’invio addirittura di ispettori ministeriali) a Venezia, quando un avvocato denunciò di aver ricevuto, via pec e tre giorni prima della discussione in aula, la sentenza relativa a un caso che stava trattando. Idem a Milano, qualche anno fa: una storia precisa identica a quella di Rocco di Torrepadula, con il legale che consulta il fascicolo del proprio assistito e scopre che sta per beccarsi una condanna a otto mesi per un borseggio. Certo, lor signori magistrati parlano sempre di “bozze” e “appunti”. Eppure a Napoli c’erano anche le motivazioni e per quelle, si sa, in genere si devono aspettare sessanta giorni.

 

 

 

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