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Funivia Stresa Mottarone, "prima che si rompa il cavo ce ne vuole": dal verbale spunta la testimonianza choc contro Tadini

Lo cabina schiantata al Mottarone

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Altri dipendenti della società che gestisce la funivia del Mottarone potrebbero essere iscritti nel registro degli indagati. “Valuteremo in che termini sapevano dell’uso dei forchettoni, se hanno consapevolmente partecipato o se si sono limitati a eseguire indicazioni provenienti dall’alto”, ha dichiarato la procuratrice Olimpia Bossi, il cui ordito è stato un po’ smantellato dal giudice delle indagini preliminari. “Non vivo come una sconfitta la decisione del gip di scarcerare i tre fermati”, ha aggiunto la procuratrice, secondo cui l’aspetto più importante è che il giudice abbia “condiviso la qualificazione giuridica dei fatti”. 

Gabriele Tadini ha ammesso davanti al gip di aver messo il ceppo blocca freno e di averlo fatto altre volte: inoltre ha escluso collegamenti tra i problemi ai freni e quelli alla fune, affermando di non essere un delinquente e che non avrebbe mai fatto salire le persone se avesse pensato che la fune potesse spezzarsi. Dalle dichiarazioni dei dipendenti della funivia del Mottarone emerge però un “contenuto fortemente accusatorio” nei confronti del caposervizio dell’impianto: tutti hanno concordato che la decisione di mantenere i ceppi era stata sua, nessuno ha parlato del proprietario o del direttore di servizio. 

Non a caso il gip di Verbania ha disposto i domiciliari per Tadini e rimesso in libertà gli altri due fermati. Uno dei dipendenti ha fatto mettere a verbale che Tadini avrebbe affermato che “prima che si rompa una traente o una ‘testa fusa’ ce ne vuole”. Quando il caposervizio gli ordinò di non rimuovere il ceppo della cabina 3, l’altro chiese se la cabina potesse viaggiare con persone a bordo e ceppo inserito. Tadini avrebbe replicato che prima che si rompa un cavo traente “ce ne vuole”. Invece è avvenuto proprio nella tragica mattinata del 23 maggio. 

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