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Pride, così la piazza ha scatenato d'odio: parlano d'amore ma vogliono annientare chi non la pensa come loro

Renato Farina
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Gay pride, sabato scorso. Si può discuterne senza essere appesi per i piedi? Provando a disobbedire all'obbligo dell'inginocchiatoio dinanzi a questa colonna marciante del pensiero unico? Ci provo. Il corteo di Roma per la difesa dei diritti omosessuali è stato un lungo ululato di odio, che resta tale anche se fluisce circondato dai dolci colori dell'arcobaleno. Lo scopo della marcia è la divisione dell'umanità in due razze. Da una parte quella superiore, che esige l'approvazione sic et simpliciter del disegno di legge Zan. L'altra, tipicamente sub -umana, che chiede se ne discuta, si provi almeno a prendere sul serio le ragioni chi ne intravede un uso intimidatorio verso i dissenzienti. L'allegro serpentone è stato preceduto da un tale che rappresentava Gesù Cristo, reso idoneo a partecipare al carnevale Lgbtqi+. Che cos'è se non cosciente cristianofobia? Maledizioni non solo contro chi osi citare la Bibbia sulla condanna della sodomia, ma anche contro chi vorrebbe che il ddl Zan lasciasse la libertà di dar ragione al catechismo senza la prospettiva di finire in tribunale. In questo quadro il vaffa al Vaticano è quanto di più mite si sia scandito. Queste cose si possono dire anche oggi? Anche dinanzi all'orrore di un ragazzino suicida a Torino travolto- dicono gli amici - dai bulli omofobi, che possano sprofondare?

 

 

 

Il consenso dei media

Si è soliti udire una critica da parte degli omosessuali più seri ai vari gay pride che suona così: è una pagliacciata, non mi ritrovo in una manifestazione di cattivo gusto così esibito. D'accordo. Ma non è questo il punto. Chiunque abbia un minimo di coscienza di sé, senza bisogno di essere omo o bio transessuale, sa che la cifra sessuale della vita intima e sociale di ciascuno è comunque un dramma, perché i rapporti con l'altro/a di qualsiasi genere e tipo sono attraversati da questo essere maschio o femmina. Ma guai a ridurre la questione a scontro tra etero e i diversi (o, detta altrimenti, tra Lgbt e i diversi), come se fosse una lotta di classe, al termine della quale saremo tutti felici come predicava il comunismo. Balle. Nei Paesi come la Svezia dove la questione è risolta pienamente, e i diritti a qualsiasi amore e al loro riconoscimento sociale sono pienamente sanciti, la tragedia incombe comunque (si veda su Netflix il film Dancing Queen). La volontà di potere e di mercificazione del prossimo (concupiscenza come la definisce san Tommaso o sfruttamento -alienazione, vedi Marx, Nietzsche e Freud) è un demone a cui ciascuno è chiamato a mettere le catene per far prevalere l'amore come dono di sé. Dunque mettersi le piume o indossare la tiara colorandola di arcobaleno e andare in piazza sui carriaggi come al carnevale butta la questione un po' troppo sul ridicolo. Del resto esiste il diritto umano ad essere farseschi. Il problema è che ogni anno di più questi spettacoli pubblici di orgoglio Lgbt, mano a mano che cresce intorno ad essi il consenso, e il Tg1 ne parla con la stessa devozione della messa di Natale, acquisiscono la tracotanza dell'intolleranza e dell'odio. Ma qualcuno ha letto davvero i cartelli, ascoltato i canti, osservato i travestimenti che ufficialmente sarebbero satirici? Altro che partito dell'amore, queste sono pure sceneggiate di odio in maschera, con la complicità condiscendente dei media. È vero. L'odio è un sentimento, e cometa le non è un reato. Eppure il primo esercizio di libertà è di chiamare le cose con il loro nome. Accettando il parere di chi dà un altro nome, ma nel rispetto dell'interlocutore. Tutto questo è impossibile. Chi contraddice il tema del "si può amare chi si vuole come si vuole" (un famoso maître à penser ha aggiunto "anche i cani") è perciò stesso infilato tra gli omofobi, e perciò, prima ancora che messo nelle mani dei magistrati, sottoposto a scorticatura dell'anima. Altro che "chi sono io per giudicare?". Sei impalato al volo.

Diritti fasulli

Ecco, in questo senso il clima da gay pride che sta trionfando oggi (e che l'intervento della Santa Sede ha cercato di riportare sui binari della pacata razionalità) è pericoloso. Non perché da quei cortei rischino di partire pattuglie di omo-black-bloc, solo un cretino potrebbe pensarlo. Il fatto è che esistono i manganellatori del pensiero e delle coscienze. E i gay pride si basano su un dogma che è impossibile mettere in discussione senza essere scomunicati dai sacerdoti dell'amore libero e sbattuti fuori dal recinto della civiltà. Un po' come il movimento Black Lives Matter. Tutti in ginocchio. Chi non si inginocchia appartiene al mondo delle bestie, com' è sfuggito con un mirabile lapsus a Chiellini, passa per un nazista, vuole l'Auschwitz per i neri e in questo caso per le persone di orientamento omosessuale, con le varianti che mano a mano si aggiungono con una letterina ed oramai con il + per sottolineare che sono infinite quanto i pareri di ciascuno. Ecco, chiederei che in quelle categorie di diversi da rispettare, comprendendoli misericordiosamente in quel +, ci siano anche coloro che ieri il gay pride ha schernito, assoldando all'uopo anche un finto Gesù Cristo. P.S. Per intenderci, so per certo citando Pier Paolo Pasolini a proposito della Dc e delle stragi -, so, sono sicuro, ma non ho le prove, che le poche migliaia che si esercitano al gay pride sono le arcobaleniche avanguardie di poteri assai meno vezzosamente piumati, il cui scopo da decenni è di sciogliere ciò che resta delle radici giudaico cristiane nell'acido dei diritti fasulli. Qualcosa però resiste nella memoria nebbiosa dei popoli.

 

 

 

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