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Covid, il dramma di Marco: "Troppi anticorpi, non posso vaccinarmi. Sono un sopravvissuto che non esiste più"

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Tra i primi a essere contagiato dal Covid, Marco Maria Marcolini, ingegnere di Milano, dopo oltre un anno ha ancora livelli altissimi di anticorpi. "I medici mi dicono di aspettare a fare il vaccino — racconta —, ma intanto i miei test sierologici non valgono per ottenere il Green Pass. Come mi devo comportare? L’anno scorso ho fatto un viaggio di andata e ritorno all’inferno e oggi vorrei raccontarvi brevemente la mia storia. Il 21 febbraio 2020 ho avvertito i primi sintomi di quella che pensavo fosse una bronchite. Avevo 51 anni. Una vita da sportivo: ho giocato a basket fino a 50 anni, non fumo, non avevo malattie pregresse, 1,86 metri per 93 chili di uomo sano e forte. In quegli stessi giorni si iniziava a parlare del paziente numero uno, di Codogno, vicino a Lodi. Se lui è stato il numero uno, io credo di essere stato il numero 2 o giù di lì! A febbraio 2020 era tutto nuovo e già terrificante: era impossibile ricevere assistenza. Anche farmi ricoverare è stato difficile", racconta al Corriere della Sera.

 

 

 

 'Se non ha blocchi respiratori, stia a casa' mi dissero ben due volte al numero d’emergenza in quell’ultima settimana di febbraio. Nonostante 3 tachipirine 1000 al giorno e due diversi antibiotici prescrittimi telefonicamente dal mio medico, avevo febbre fino a 39,8 C'e tosse stizzosa inarrestabile. Non sentivo i gusti né gli odori. Ero ormai già debolissimo. Al terzo tentativo di chiamata al numero d’emergenza, il 1 marzo 2020 mi hanno ricoverato all’ospedale Niguarda di Milano con diagnosi di doppia polmonite interstiziale da Covid-19. Dopo due giorni nel reparto Malattie infettive, dove speravano di potermi curare, al terzo giorno le mie condizioni sono peggiorate bruscamente e sono stato portato in terapia intensiva: era il 3 marzo 2020. Sono stato addormentato e attaccato alle macchine per quasi due settimane, lottando, inconsapevolmente, tra la vita e la morte", svela ancora raccontando la sua odissea.

 

 

"Durante l’intubazione si sono compromessi i reni e il fegato e questi danni multi-organo hanno tenuto tutti con il fiato sospeso, sia i medici, sia mia moglie e tutti i miei cari. Il giorno 17 marzo 2020, da poco uscito dalla terapia intensiva, mi sono negativizzato (doppio tampone negativo) e il giorno 23 marzo 2020 mi hanno dimesso dall’ospedale perché servivano posti letto e gli ospedali della città di Milano erano praticamente al collasso", racconta al quotidiano di via Solferino. Infine la rivelazione che porta alla luce il suo impedimento, dopo oltre un anno di guarigione. "All’ospedale Niguarda mi hanno salvato. Mi sono fatto studiare e sottoposto ad ogni esame necessario per aiutare la comunità scientifica a capirci qualcosa. Ho donato il mio plasma per salvare la vita ad altre persone. Ho ancora una mostruosa quantità di anticorpi ma mi devo vaccinare per poter andare in vacanza o sottopormi ad altri tamponi inutili? Francamente e con tutto il cuore, penso di essere un sopravvissuto che non esiste per nessuno", conclude

 

 

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