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Omicron in Italia, il "trucchetto" sui tamponi (e i dati che non ci mostrano): una inquietante teoria sui contagi

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In Italia la variante Omicron circola apparentemente di meno, ma solo perché non la cerchiamo abbastanza. È quanto emerge dai dati, secondo cui negli ultimi trenta giorni abbiamo sequenziato poco più dell’1% dei tamponi positivi: circa 4mila su oltre 398mila. Siamo quindi molto al di sotto dello standard del 5% fissato per tutti i Paesi europei dal Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie. Per la verità non siamo soli, dato che anche Germania (1,1%) e Francia (0,57%) nell’ultimo mese non hanno rispettato le indicazioni della Ue.

 

Di conseguenza non è un caso che la Omicron sia dilagante in Regno Unito e in Danimarca, che hanno sequenziato rispettivamente il 12,5% e il 24,7% dei tamponi positivi nell’ultimo mese. Si tratta di due Paesi che quindi stanno riscontrando ufficialmente tanti casi riconducibili alla Omicron, ma ciò non vuol dire che la nuova variante non circoli molto anche altrove. Anzi, tornando a guardare in casa nostra, c’è un indicatore in particolare che lascia pensare che Omicron sia sempre di più tra noi: nell’ultima settimana l’incidenza dei casi di Covid è salito da 176 a 241, ma l’Rt medio calcolato sui casi sintomatici è pari a 1,13, ovvero in lieve calo rispetto a sette giorni fa.

 

Come vanno letti questi dati? La maggior incidenza potrebbe essere riconducibile a Omicron, che è molto più contagiosa delle altre varianti. Allo stesso tempo, però, non sembra condurre a uno sviluppo maggiore della malattia, e questo spiegherebbe perché l’incidenza è schizzata verso l’alto, mentre l’Rt sui casi sintomatici no.

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