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Scuola, cortei fuori dal tempo: gli studenti se ne facciano una ragione, prima o poi devono lavorare

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Alberto Brambilla
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L'esodo è la scena finale della tragedia greca che si conclude con l'uscita del coro; anche noi, rispettando l'antica tradizione, osserviamo la grave situazione, il dramma, che "va in scena" nel nostro Paese. Per descriverlo bisogna sottolineare l'aspetto delle ricorrenti manifestazioni studentesche. Claudio Negro li ha definiti argutamente: «No bocciature no lavoro: i Peter Pan del movimento degli studenti», e ha aggiunto: «Solleciti come sempre nel mettere in scena il disagio sociale e annessa rivolta (nonostante siamo tra l'8% della popolazione mondiale che ha di tutto e vive meglio; chissà che disagio hanno gli altri 7,1 miliardi di terrestri che stanno peggio di noi), i media (gli influencer) sono stati rapidissimi nel descrivere a vivide tinte la rabbia e lo sconforto degli studenti medi, stretti nella tenaglia tra morte e sfruttamento schiavista dell'alternanza scuola-lavoro» di questa scuola che vuole prepararli a lavorare e il «vaglio spietato e oppressivo della maturità con ben due prove scritte».

 

 

 

SINDACATI COLPEVOLI

Per un certo verso questo farneticamento, dice Claudio, io e molti miei coetanei potremmo ascrivercelo a merito: volevamo distruggere la scuola borghese e ci siamo quasi riusciti. E chi altri aveva inventato il 6 (o il 18) politico, il voto di gruppo, il voto attribuito dall'assemblea di classe e non dall'insegnante? Chi aveva deciso (imponendolo, in molti casi) che al posto delle obsolete "materie" si facessero dibattiti sulla crisi dell'imperialismo o ricerche sul neorealismo? Come possiamo adesso irridere alla rivendicazione egualitaristica e anti-selettiva degli studenti, di non sottostare al disumano rullo compressore di un esame che negli ultimi 10 anni ha bocciato sempre meno dell'1% degli esaminati, e l'anno scorso addirittura lo 0,2%? La scuola deve formare, non selezionare, ci fanno eco i nostri epigoni. Certo, tanto avendo noi ciccato e loro neanche immaginato la società comunista, libera dal lavoro salariato, ci pensa poi la vita vera a fare la selezione. La differenza tra allora e adesso è sostanzialmente estetica: noi si aveva la presunzione di far la nostra parte in un grande quanto immaginifico fronte che lottava per la rivoluzione; oggi resta solo la lotta per avere la promozione garantita. Un po' un'epitome del percorso di un bel pezzo di sinistra. Più innovativa rispetto all'immaginario politico studentesco degli anni '70 è l'idea dell'infiltrazione delle grinfie del capitale in quello che dovrebbe essere il sacrario della cultura: l'alternanza scuola-lavoro contamina la formazione intellettuale dei giovani educandoli alla subordinazione e all'espropriazione del tempo e della coscienza proprie del lavoro salariato. In questo caso però più imbarazzante è il supporto fornito per esempio dai sindacati, che dovrebbero ben conoscere (per averle concordate) le diverse forme di scambio scuola-lavoro e le relative garanzie e tutele, ma che trovano più popolare strillare contro lo sfruttamento degli studenti nell'interesse del profitto, e ammiccare alla"studenteria" preoccupata di dover prima o poi lavorare sottendendo che al di là della scuola c'è lo schiavismo. Sarà terribile spiegare a questi giovani che, finiti i soldi dei nonni e poi dei genitori, per campare bisognerà lavorare: inoltrarsi in quel terreno ostile e sconosciuto dal quale hanno tanto lottato per tenersi alla larga. Questo modo di pensare e di agire, deresponsabilizzato, privo di memoria storica, con una modesta cultura e una grande povertà educativa e sociale, è il vero problema dell'Italia; un popolo che vive nel più bel Paese del mondo, con tuttele libertà, con un welfare ai primi posti al mondo che è preda di disagi e senza una visione per il futuro.

 

 

 

DEUS EX MACHINA

Nell'esodo può succedere che personaggi e coreuti rimangano in scena assistendo al dramma che si sta compiendo, ma a volte, soprattutto in Euripide, essendo la vicenda complessa, necessita dell'intervento del "deus ex machina", che cala dall'alto da una macchina teatrale di scena a sciogliere l'intreccio e risolvere il problema. È quanto sta accadendo nel nostro Paese dove il novello Euripide, Sergio Mattarella, ha calato in scena un deus ex machina moderno, Mario Draghi, per risolvere la crisi morale, sostituendo con "merito e doveri" l'incapacità di una poco onorevole classe politica; desiderio o sogno? 

 

 

 

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