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Ius Scholae? Più dell'ultima trovata della sinistra buonista conta la patria: una legge da fermare

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Giuseppe Valditara
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È in discussione alla Camera il disegno di legge sullo ius Scholae: prevede in sostanza che un bambino straniero che sia arrivato in Italia prima dei 12 anni e abbia fatto 5 anni di percorso scolastico nel nostro Paese possa acquistare la cittadinanza italiana. Messo così suscita certamente il commosso consenso di tante anime candide, in realtà va in una direzione senz'altro contraria all'interesse nazionale, che dovrebbe essere la priorità di un legislatore saggio. Vediamo perché. Intanto i numeri in gioco: su 8 milioni di ragazzi che frequentano le nostre scuole, sono 800mila gli stranieri che diventerebbero cittadini: il 10%, una cifra enorme che verrebbe ad incidere profondamente sulla società. Non sarebbe un problema se questi ragazzi si sentissero orgogliosamente italiani, condividessero sinceramente i valori della nostra patria, conoscessero la sua storia, si identificassero nella narrazione di libertà, eguaglianza, rispetto della persona umana, tutela del pluralismo che è scolpita in una costituzione ottenuta anche grazie alle sofferenze e ai sacrifici dei nostri padri. Ma che ne sappiamo noi cosa pensano questi ragazzi?

 

 

 

Una volgare e superficiale fumettistica mediatica li rappresenta pronti ad indossare la maglia azzurra della nazionale. È una fumettistica che ricorda per disciplinata ed entusiastica adesione i cinegiornali del regime al tempo della guerra d'Etiopia, quando descrivevano la bellezza abissina vogliosa di diventar "romana" e d'aver per bandiera quella italiana. Ma cosa pensano questi giovani stranieri che studiano nelle nostre scuole del rapporto uomo/donna, dei diritti delle minoranze culturali, sessuali, etniche, del valore della persona umana, o del valore della proprietà privata, cosa sanno dei principi sui cui si poggia l'Occidente, a iniziare dal principio di laicità delle istituzioni e della eguaglianza di tutte le religioni? In una scuola sempre più banale che, fatte salve alcune importanti eccezioni, non riesce nemmeno più a formare adeguatamente i nostri ragazzi, che garanzia di "assimilazione" può fornire un parcheggio per qualche anno in un'aula dove spesso i ragazzi italiani sono una minoranza e si sentono stranieri loro per primi?

 

 

 

DOPPIA CITTADINANZA

I recenti fatti di criminalità in città come Milano, Roma, Torino, con violenze a donne e a ragazzi testimoniano semmai il fallimento di alcune politiche educative e svelano un ribellismo e una devianza sempre più diffusi, che coinvolgono sempre più spesso immigrati di seconda generazione, in parte già cittadini. Si sono formate "bande" o gruppi a forte connotazione etnica dove il ragazzo immigrato, in particolare se proviene da aree geografiche caratterizzate da identità culturali e religiose forti, mantiene orgogliosamente l'attaccamento alle originarie radici identitarie. Dobbiamo poi essere consapevoli che lo ius scholae comporterà inevitabilmente la estensione della cittadinanza anche ai genitori: non è pensabile avere un ragazzino di 12 anni italiano e i genitori che rimangono marocchini o filippini. Il che implicherà complicati problemi di doppia cittadinanza e un numero veramente notevole di nuovi italiani che non hanno necessariamente scelto la nostra come la loro nuova patria. Insomma qui non vedo nuove generazioni di patrioti pronti a condividere il nostro destino, iniziando con il condividere doveri, ma semmai una forte pressione a condividere diritti. La Roma repubblicana che aveva ben salda l'idea dell'interesse nazionale, fu sempre attenta a seguire due principi di fondo: il divieto della doppia cittadinanza, e la concessione della cittadinanza a causa di virtù. Insomma a parte alcune eccezioni, la cittadinanza nella repubblica era aperta a tutti senza distinzione di razza odi religione, ma ce la si doveva meritare o doveva comunque essere utile agli interessi del popolo romano. E normalmente seguiva ad un lungo periodo di assimilazione culturale. In verità lo ius scholae rischia di essere l'ennesimo disastro annunciato di una sinistra "buonista" che non ha il senso dello Stato perché non ha il senso della patria.

 

 

 

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