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Una chat per umiliare un bimbo disabile di 6 anni: l'orrore delle maestre, il caso che scuote Roma

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Miriam Romano
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Le tremavano persino i polsi finché leggeva. Più i messaggi le scorrevano davanti agli occhi, più il senso di nausea cresceva. Parlavano di suo figlio, proprio di lui. Si rallegravano che stesse male, gioivano di non doverlo vedere a scuola. Mai in quelle chat veniva chiamato per nome. Lo definivano "ansia" o si riferivano al suo bambino semplicemente con "lui". «In mano a chi affido mio figlio ogni giorno?». È stato il primo terribile pensiero della mamma di Luca (il nome è di fantasia). «Se parlano di lui in questo modo come lo trattano in classe?». Si è immaginata il suo bimbo, rintanato in angolo, deriso dalle maestre scocciate per la sua presenza.

Annoiate per le sue difficoltà, più grandi di quelle dei compagni di classe. Luca ha solo sei anni ed è affetto da autismo. Iscritto a una scuola elementare di un quartiere di Roma, ogni giorno combatte le sue fragilità e cerca di uscire dal suo guscio. Ma pochi giorni fa a sua madre è caduto il mondo addosso e ha deciso di ritirare Luca da scuola.

La donna è venuta a conoscenza di una chat di gruppo di whatsapp in cui le insegnanti della classe di suo figlio, compresa la maestra di sostegno, parlavano di lui senza alcun tatto. «È stata un'operatrice a farmi leggere le conversazioni in cui le maestre gioivano quando mio figlio era assente da scuola», spiega la donna. Per privacy non ci mostra i messaggi ma ci racconta i contenuti della chat che noi riportiamo in sintesi.

"Buongiorno, ogginon è venuto, la giornata inizia bene", scrive per esempio una di loro. O ancora: "Magari torna miracolato", lo deride un'altra. "Difficile da credere che possa tornare miracolato", risponde una maestra. Con faccine sorridenti e applausi le insegnanti in chat accolgono la notizia dell'assenza del bambino da scuola. Persino quando la famiglia di Luca ha passato il Covid, le maestre hanno esultato.

«Sono rimasta sconvolta. Non mi aspettavo una cosa del genere, soprattutto da parte di una maestra di sostegno che ha scelto di sua volontà di occuparsi di bambini disabili», sono le parole della madre. Tutto poteva fare tranne che lasciarsi scivolare addosso l'accaduto. Ha preso ed è andata a parlare con l'insegnante di sostegno. «Mi ha mandata via, ha negato tutto, non ha voluto darmi spiegazioni», racconta la mamma di Luca. «Era agitata, io la inseguivo lungo i corridoi, finché non si è chiusa nella stanza della vice presidenza per non parlarmi».

Cos' altro poteva fare allora se non ritirare il figlio da quella scuola? Quale altra madre avrebbe affidato a quelle maestre un solo giorno in più il suo bambino, per giunta disabile, dopo aver letto quelle parole? «Ho paura, però, che mio figlio non andando a scuola possa subire una forte regressione», racconta. «Ho intenzione di procedere per vie legali. Voglio che a queste insegnanti venga tolto l'incarico. Non si può rimanere in silenzio, perché questi episodi accadono anche ad altri bambini», annuncia la donna. L'associazione "La Battaglia di Andrea" si è presa a cuore la vicenda. «Siamo certi che la scuola chiarirà la situazione, e soprattutto, siamo certi che gli organi competenti faranno il proprio dovere, soprattutto per il bene del piccolo. Da parte nostra e da parte del nostro legale Sergio Pisani, c'è tutta l'assistenza alla famiglia, e soprattutto al piccolo Luca», commentano.

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