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Mario Draghi, verdetto della finanza: fino a quando deve restare a palazzo Chigi

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La grande finanza internazionale, preoccupata per i conti pubblici italiani, starebbe tifando affinché il premier Draghi possa restare a palazzo Chigi anche dopo le elezioni. Goldman Sachs nella sua ultima analisi economica, incentrata sulla sostenibilità dei deficit dei Paesi dell'Europa meridionale, ha dichiarato: "L'avvicinarsi delle prossime elezioni potrebbe rivelarsi il catalizzatore atteso da alcuni operatori di mercato per verificare quanto sia sostenibile il debito italiano". Il Tempo ha inoltre riportato che un cambiamento dell'attuale coalizione di governo potrebbe aumentare l'incertezza sulla realizzazione del Recovery Fund, il suo impatto sulla crescita e di conseguenza anche il suo sostegno alla sostenibilità del debito.

 

 

Attualmente il debito italiano resta lontano dai livelli di emergenza, ma, il giudizio della banca d'affari arriva al culmine di alcune settimane in cui sia la Lega di governo che l'opposizione di Fratelli d'Italia hanno avuto dissapori con Bruxelles. Due sono i fronti di scontro: il primo è la Commissione europea, che rilanciava la riforma del catasto e il secondo riguarda la stretta in Parlamento sul ddl Concorrenza, con all'interno la spinosa questione delle concessioni balneari. Tutto ciò, abbinato al rialzo dei tassi d'interesse della Bce causerebbe una nuova crisi del debito sovrano. Addirittura peggiore di quella del 2011.

 

 

Le reazioni di Fratelli d'Italia sono state inevitabili. Giorgia Meloni ha dichiarato: "La banca d'affari americana non vede di buon occhio un governo con pieno mandato popolare degli italiani per fare i loro interessi" mentre Matteo Salvini ha commentato sul social della Lega: "Lasciamo che a scegliere siano milioni di cittadini, non quattro banchieri. Viva la Democrazia e la Libertà". Carlo Calenda di Azione! e Giovanni Toti di Cambiamo sarebbero invece favorevoli alla permanenza di Draghi. Ci sarebbe poi un ultimo discrimine, oltre a quello economico, che rischia di compromettere la formazione di un nuovo governo: il 'fattore Z'' citato dall'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini. Vale a dire la decisione di schierarsi esplicitamente per il fronte atlantista nel caso in cui il conflitto russo-ucraino non cessi nel breve termine. Un chiaro campanello di avviso per Salvini e Conte affinché non tengano il piede in due scarpe con Putin. 

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