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Stupratore eritreo? Niente carcere: giustizia, il caso che sconvolge Roma

Filippo Manfredini
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La storia la racconta il Messaggero. Ma, come si dice, merita di essere ripresa. Ennesima dimostrazione di come troppo spesso i verdetti della giustizia - al di là di procedure e commi - arrivino a conclusioni poco comprensibili dalla sempre citata "gente comune", cosa che inevitabilmente provoca quello scollamento alla base della poca fiducia attuale nei confronti dei magistrati.

 

 

ALCOL E VIOLENZA
La vicenda si svolge a Roma, risale al novembre scorso. Comincia con una circostanza terribile: una violenza sessuale. Protagonista un ragazzo eritreo 27enne, H.I., uno dei tanti disperati arrivati in Italia probabilmente col miraggio di una vita dignitosa, e invece finiti a ingrossare le fila dei senza dimora che si trascinano negli angoli più bui delle nostre città, spesso finendo a sconvolgersi la mente col alcol e droga. E infatti, quella sera, il ragazzo aveva esagerato proprio con l'alcol, come in effetti avrebbe poi ammesso. In ogni caso, incrocia una donna nei pressi della centrale piazza Cavour, anche lei una senzatetto, perdipiù con un problema alle gambe che la costringe a muoversi con delle stampelle. Ma a lui, in quel momento, non importa: le si avvicina, comincia a importunarla.

 

 

Lei non ne vuole sapere, reagisce. Lui la fa anche cadere a terra. Poi le si avventa sopra, la sveste alla bell'e meglio, vuole violentarla. La donna non si rassegna, reagisce ancora, lo colpisce. Ma lui non recede: le dà un paio di botte, poi porta a termine la violenza. Agghiacciante. È un tassista ad accorgersi della situazione. Chiama il 112, le forze dell'ordine arrivano. Il ragazzo eritreo è fuori controllo: si avventa contro di loro con un bastone, e anche contro i sanitari del 118 che nel frattempo erano arrivati. Alla fine gli agenti hanno la meglio, riescono a immobilizzarlo e poi ad arrestarlo. La faccenda, com'è ovvio, finisce in tribunale. La vicenda viene ricostruita davanti alla quinta sezione penale del tribunale di Roma. E la sentenza lo giudica colpevole, affibbiandogli una condanna di sei anni e sei mesi di carcere: oltre alla violenza sessuale ci sono anche lesioni aggravate e resistenza a pubblico ufficiale.

 

 

LA PAROLA DEI MEDICI
Ma c'è un ma: l'avvocato difensore fa sì che il ragazzo venga sottoposto a una perizia psichiatrica. La quale lo giudica, anche in base a un tentativo di suicidio che risale a qualche mese prima (a luglio del 2020 stava per buttarsi nel Tevere, ma venne salvato da un poliziotto di passaggio), semi infermo di mente. Dunque a lui possono essere assegnate le attenuanti del caso. Il suo stato viene evidentemente giudicato incompatibile con il cercare. Ragion per cui niente sei anni in cella: la sua pena sarà quella di un anno, perdipiù in libertà vigilata e, naturalmente, obbligo di cure sanitarie e psicologiche presso l'Asl.

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