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Messina Denaro, indiscrezioni da Cosa Nostra: "Non è il capo dei capi"

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Matteo Messina Denaro è stato arrestato dopo 30 anni di latitanza. Stamattina è stato trovato anche il suo covo, situato nel centro abitato di Campobello di Mazara, in provincia di Trapani. Sebbene la sua cattura rappresenti un fatto storico, nonché una grande vittoria dello Stato, allo stesso tempo forse non è corretto chiamarlo “il boss dei boss”. Lo ha spiegato chiaramente il neo procuratore di Palermo, Maurizio Lucia: “I clan palermitani non accetterebbero mai di farsi guidare da un non palermitano. A cominciare da un trapanese”. 

 

 

Ciò non toglie che Cosa Nostra abbia subito la forte influenza di Messina Denaro, ma i magistrati sono convinti che non fosse lui il vero capo della mafia siciliana. Il vero punto della questione è però cosa accadrà adesso che è uscito di scena Messina Denaro. “Le cosche cercheranno di tornare al passato - è la spiegazione degli inquirenti - perché è grazie al rispetto delle ‘regole’ consolidate che la reggono che la mafia è riuscita a sopravvivere negli anni”. Secondo il Corriere della Sera, ciò si traduce in una federazione tra clan e una commissione regionale che decida gli affari più importanti. 

 

 

Per la successione non mancano i nomi. A partire da Giovanni Motisi detto “il Pacchione”, capomafia del mandamento di Pigliarelli e latitante dal 1998 dopo essere stato il “killer di fiducia” di Totò Riina. Tra i più anziani spicca il settantenne Stefano Fidanzati, che vanta un impero economico costruito tra Milano e Palermo. Nel mirino degli investigatori anche figure più “giovani” come Giuseppe Auteri, Sandro Capizzi e Stefano Bontate. 

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