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La sepoltura costa troppo: la scelta degli italiani, a cosa siamo costretti

Melania Rizzoli
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Chiedere di essere cremato dopo la morte è una scelta estremamente personale, dettata da molte e differenti ragioni, che vanno dal rifiuto dei riti e obblighi funerario cimiteriali, oggi molto costosi, all’ideale ritorno nel ciclo della natura, evitando il processo biologico della decomposizione. In Italia nel 2020 è stato cremato un defunto su tre su 746.146 decessi, per un totale di 277.106 cremazioni, con un aumento considerevole in un solo anno, soprattutto al Nord. Nel nostro Paese esistono ancora molti pregiudizi nei confronti di questa pratica, dovuti soprattutto al popolare “culto dei defunti”, per le attenzioni che i vivi hanno tuttora verso i loro cari scomparsi, nella speranza di mantenere ancora un legame di fronte al loculo di sepoltura con la fotografia del congiunto, e anche perché il fuoco è ancora considerato una presunta violenza all’idea che avvolga il corpo del proprio caro bruciandolo e riducendolo in polvere.


Ma come funziona in pratica il processo crematorio? I primi forni venivano alimentati a carbone, mentre oggi vengono utilizzate resistenze elettriche, bruciatori a gas e fiamme dirette per scaldare le pareti della camera di combustione. Ma prima di tutto è la salma che deve essere preparata, liberata da eventuali protesi esterne, impianti o dispositivi come il pace-maker che con le elevate temperature potrebbero esplodere e danneggiare il forno. Inoltre il cadavere deve essere deposto in una bara fatta di un materiale facilmente infiammabile, di legno leggero, morbido ed economico come il balsa o il bambù, costruita con un design più semplice e soprattutto che non contenga la protezione interna di zinco, sempre presente invece nelle bare da sepoltura.


RESTI RICONOSCIBILI
Prima di tale procedura inoltre, il defunto deve essere identificato da un familiare e gli viene apposto un segno distintivo in metallo, legato al corpo, che permette, alla fine, di riconoscere i resti ridotti in cenere ed evitare che questi possano essere confusi o mischiati con quelli di un’altra persona. Quando il feretro viene introdotto all’interno della macchina crematoria, adagiato su un rullo automatico che lo trasporta, sempre controllato a distanza dai monitor e dall’occhio umano, affinché non sopraggiungano complicazioni, viene pian piano esposto al calore di temperature che raggiungono i 900/1000*C, e per prima cosa si brucia la bara di legno, dopo di che inizia l’incenerimento della salma, dai capelli, ai vestiti, alla pelle, muscoli e parti molli, compresi i liquidi che colano ed evaporano, e per ultimo si bruciano le ossa di tutto lo scheletro, cranio compreso, e tutto l’intero processo di incenerimento può durare fino a 3 ore, poiché molto dipende dalla grandezza e dal peso del corpo del defunto, oltre che dalla temperatura del forno.


Gli operatori delle agenzie funebri che gestiscono il processo, raramente danno il permesso a parenti o amici di assistervi, sia per l’alta emotività del momento, sia perché durante la combustione il corpo del caro estinto spesso è soggetto a vari movimenti, soprattutto degli arti, anche ampi e bruschi, dovuti alla contrazione dei muscoli e tendini che perdono liquidi con la combustione e si rattrappiscono, e durante i primi 10/20 minuti possono intervenire anche evaporazioni robuste con spruzzi di gas ed effluvi corporei, aspirati e immagazzinati attraverso dispositivi tecnologici che assorbono anche l’odore carne bruciata, mantenendo pulito l’ambiente della camera crematoria, finché non si raggiunge lo stadio finale di incenerimento.


Al termine del procedimento, quando il forno si è raffreddato, se non tutte le parti del fisico umano risultano cremate completamente, gli operatori, dopo aver rimosso con un magnete gli oggetti metallici che non risultano bruciati (protesi dentali, cardiache o femorali, viti chirurgiche o quelle della bara), procedono alla raccolta delle ceneri e alla frantumazione a mano dei residui, per trasferirli poi su un vassoio in un macchinario, il Cremulator, che ha il compito di polverizzare il tutto, fino a ottenere una polvere della consistenza della sabbia, di colore bianco/grigio, la quale, una volta raffreddata, viene inserita in un’urna cineraria, scelta in precedenza dalla famiglia del defunto, e consegnata sigillata, con una targhetta che riporta il nome del defunto, agli eredi, affinché possano conservarla, tumularla o inumarla, oppure ospitarla, previo permesso del Comune di residenza, in casa, per risparmiare sui costi del cimitero o più frequentemente per continuare a sentire l’anima del caro estinto sempre vicina e presente, magari attraverso la preghiera.


A Bergamo, la provincia lombarda con il maggior numero di contagi da Coronavirus in tutta Italia, la sera del 18 marzo 2020 sono arrivati i mezzi dell’esercito per trasportare le bare di decine di vittime dell’epidemia ai forni crematori di altre città, poiché non si riusciva più a gestire, per l’elevato numero di decessi, la situazione stressante di attesa per le cremazioni nell’unica struttura presente, nonostante questa lavorasse a pieno regime, 24 ore al giorno. Nel nostro Paese gli impianti crematori sono 87, più numerosi al Nord piuttosto che al Centro e al Sud, ma la pandemia ha reso sempre più evidente che ogni città dovrebbe avere non meno di due linee crematorie, così che se uno degli impianti dovesse fermarsi per qualunque motivo, l’altro ne garantirebbe l’operatività senza interruzione del servizio.

Durante l’epidemia Covid, inoltre, era obbligatorio la disinfezione delle bare, sia all’interno, imbibendo lenzuola con disinfettanti, che all’esterno, per contenere possibili contagi agli operatori, ma tale procedura ha creato non pochi problemi agli impianti, con scoppi e danneggiamenti dovuti ai liquidi infiammabili delle sostanze farmacologiche aggiunte, oltre che problemi di tenuta e in materia ambientale per le emissioni dei gasi nell’atmosfera. Da qualche anno in Italia è possibile spargere le ceneri del defunto in aree dedicate dei cimiteri, o in aree naturali lontane dai centri abitati, in mare ad oltre mezzo miglio dalla costa, o nei laghi ad oltre 100 metri dalla riva. Alcune persone inoltre usano chiedere una tecnica post crematoria molto costosa e curiosa, la “diamantificazione delle ceneri”, le quali vengono trattate in impianti specifici con agenti chimici che ne estraggono il carbonio, il quale, dopo ulteriori processi viene trasformato in grafite e tramutato in un diamante grezzo, che viene tagliato, a seconda della richiesta, e forgiato per un anello o un ciondolo, da indossare e portare addosso, per avere sempre con sè il caro estinto.
 

DIVERSE RELIGIONI
L’Islam e la Chiesa Cristiana Ortodossa vietano la cremazione, ammessa invece dai Valdesi, dalle Chiese Cristiane Riformate, dai Testimoni di Geova e dal 1963 dalla Chiesa Cattolica, con un editto di papa Paolo VI. Molti sono i personaggi illustri che hanno scelto la cremazione del loro corpo dopo la morte, da Sigmund Freud a Gandhi , Maria Callas e Robin Williams, mentre in Italia, tra i tanti, sono stati cremati Luigi Pirandello, Antonio Gramsci, Dino Buzzati, Luchino Visconti, Elsa Morante, Lucio Battisti, Claudio Villa, Walter Chiari, Silvana Mangano, Pino Daniele, Lina Volonghi, Giorgio Strehler, Mia Martini, Fabrizio De Andrè , Moana Pozzi, Helenio Herrera, Gianni Versace, Rita Levi Montalcini, Enzo Tortora. A livello mondiale il Paese con le più alte richieste di cremazione è il Giappone (95%), dove quasi tutte le cerimonie funebri la prevedono, e gli Stati dove è diventata la forma di sepoltura prevalente sono la Svizzera (87,45%), la Danimarca (80,90%), la Svezia (80,11%), la Gran Bretagna (78,4%), la Slovenia (74,93%), la Germania (72%), il Portogallo (61%). 

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