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Rovereto, uccisa dall'africano? Lo scandalo: sui quotidiani di sinistra...

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Pietro Senaldi
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La gravità e l’impatto mediatico di una violenza sulle donne non dipende più dall’azione in sé, e neppure da chi è la vittima. Conta soprattutto l’aggressore. La riprova si è avuta con il delitto di Rovereto. Una pensionata sessantenne che non aveva mai fatto male a nessuno, la cui unica occupazione era prendersi cura della vecchia madre e il cui massimo svago era una passeggiata serale nel parco è stata massacrata di botte da un clandestino nigeriano. L’uomo ha tentato di stuprarla e, non riuscendovi, l’ha trucidata e derubata. Si tratta di una persona notoriamente pericolosa, un balordo con precedenti per molestie, che le autorità lasciavano libero di scorrazzare, sostenendo di controllarlo; si è visto come. Ebbene, questo delitto efferato, che ha come teatro una città di provincia tranquillissima e della quale potrebbe finire vittima ogni donna, ma anche ogni uomo, è stato trattato con sufficienza, se non ignorato, dalla stampa progressista, in buona compagnia con i politici del Pd e di M5S, che hanno fatto scena muta sull’episodio. Il sospetto che, se il criminale è uno di quelli che la signora Boldrini ama definire “risorse”, il delitto venga mediaticamente insabbiato per non destare allarmi etnici e non gettare cattiva luce sugli immigrati, è facile.

 

 

 

DUE PESI E DUE MISURE

Per la stampa democratica è più importante coprire l’assassino, nascondere le responsabilità di un’accoglienza che non esiste e abbandona a se stesso chi sbarca, lasciandolo sulla strada dove, se uno non è squilibrato già di suo, lo diventa per disperazione e stenti, piuttosto che rendere giustizia alla vittima. L’omicida immigrato irregolare e il morto italiano non meritano due colonne in cronaca; e non perché non sia una notizia, come il cane che morde l’uomo, ma perché è un evento ricorrente da non pubblicizzare. E' certa stampa, bellezza.

Quella che se una giovane dedita all’abuso di droghe si sveglia nuda in un letto e non sa cosa le è successo, e quindi si convince di essere stata inebetita e stuprata, dà massimo risalto alla vicenda, pagine e pagine per giorni perché il presunto violentatore è figlio di un autorevole esponente della destra nazionale. Con tanto di processo anche a chi si permette di difendere il ragazzo, perfino se lo fa il padre. Quando poi c’è un cadavere caldo, un delitto provato e un assassino le cui mani grondano sangue, nessuna riflessione. La destra che, forse, stupra è patriarcale e maschilista. Il clandestino che, di certo, uccide è una notizia trascurabile; anzi, Nweke Chukwuka, 37 anni, nigeriano, e la vittima, Iris Setti, 61enne di Rovereto da trascurare.

 

 

 

Scontato anche il silenzio delle femministe sulla vicenda. Si fanno chiamare “Non una di meno” e dicono di battersi contro ogni violenza di genere. La signora Iris Setti da Rovereto, ammazzata di botte da Chukwuka Nweke, che non ha bisogno di essere ciuco per menare le mani, non è l’eccezione che conferma la regola, anche se il cuore delle compagne progressiste non batte per lei. Lei è la regola, la donna che diventa sempre “di meno” se l’aggressore mette in discussione la narrazione che la sinistra fa della realtà. 

 

 

 

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