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Torino e corna? Segre e Carlo De Benedetti... dettagli esplosivi

Brunella Bolloli
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C’è un compiacimento neanche tanto sottile di certi giornali nel raccontare la storia che ha travolto la Torino bene in cui Cristina Seymandi e Massimo Segre, hanno prima deciso di sposarsi e farlo sapere al mondo, poi di lasciarsi. O meglio, chi ha deciso di mollare il partner è stato - stavolta - l’uomo, e non perché avesse trovato un’altra più giovane per cui piantare la fidanzata sull’altare, casomai il contrario. Non ci interessa qui, però, indagare su chi sia il colpevole e abbia tradito per primo odi più: a guardare il videomessaggio della festa in villa circolato in queste ore non ci sarebbero dubbi, anche perché Massimo Segre ha detto la sua di fronte ad amici e parenti accorsi a festeggiare le nozze che non ci saranno mai e Cristina Seymandi è rimasta senza parole, quasi inebetita, da ciò che le stava accadendo intorno.

Stupisce, però, che nei resoconti sulla stampa, soprattutto quella colta e progressista che ci scodella in prima pagina ogni giorno la superiorità delle donne, o almeno di alcune donne (di sinistra perché a destra non sono abbastanza degne), che magari amano farsi chiamare sindaca o assessora o avvocata, con la vocale in fondo che fa tanto parità di genere, e sono così brave nelle battaglie sul pink power da giocarsi sulle desinenze, o sulle famigerate quote rosa che si conquistano per legge e non per merito, non si prenda neanche in considerazione che quello di Segre, commercialista di De Benedetti, editore del Domani, sia stato un atto di violenza e non l’eroico capolavoro del maschio tradito che apparecchia la vendetta come fosse il set di un film.

Cristina Seymandi ha fatto sapere di valutare un’azione legale, forse una denuncia per violenza privata nei confronti dell’ex fidanzato che l’ha così maltrattata in pubblico. Ma la sua rischia di rimanere una mossa senza sbocchi perché il noto finanziere con cui avrebbe dovuto partire per Mykonos non ha lasciato nulla al caso e ha pesato con cura ogni parola pronunciata quella sera nella villa in collina.

Segre, che non è certo uno sprovveduto e di solito parla a braccio, ha letto tutto il discorsetto con finale beffardo («se vuoi, Cristina, al tuo ritorno, potremo ancora collaborare insieme»), attento a non dire nulla di offensivo all’ex amata, chirurgico nel mixare lo smascheramento delle presunte tresche di lei alle lodi della famiglia dell’adultera, così da rendere il quadro perfetto nella sua completezza: cara, ti lascio ma lo faccio da gran signore. Cameriere, champagne.

 

Cristina Seymandi avrà pure tradito il compagno, ma a noi invece sembra che il party della vergogna abbia mostrato la spietatezza da serial killer di un uomo pronto a tutto, che dice di amare, ma forse ama solo se stesso e il suo (giustificato) non volere più fare la figura del “cornuto” nella Torino che conta. Chissà se ha fatto seguire la sua ex dolce metà da un investigatore, se ha spiato le telefonate, se ha meditato la vendetta da mesi. Lecito, per carità, e anche condivisibile per tanti uomini che ora si accaniscono contro la bionda. Meno comprensibile, invece, è il silenzio delle tante femministe e che l’attacco alla donna arrivi da un esponente vicino a quella sinistra che predica sempre rispetto e attenzione al politicamente corretto. E chissà, forse se la Seymandi fosse stata del Pd anziché un’ex grillina passata con i moderati del centrodestra, l’attenzione dei media sarebbe stata diversa.

 

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