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Strage di Ustica, Amato accusa Craxi: "Fu lui ad avvertire Gheddafi"

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Si torna a parlare della strage di Ustica. Con Giuliano Amato che ricostruisce la vicenda risalente al 27 giugno 1980, emergono nuovi e importanti dettagli su quanto accaduto. Per l'ex presidente del Consiglio "la versione più credibile è quella della responsabilità dell'aeronautica francese, con la complicità degli americani e di chi partecipò alla guerra aerea nei nostri cieli la sera di quel 27 giugno. Si voleva fare la pelle a Gheddafi, in volo su un Mig della sua aviazione. E il piano prevedeva di simulare una esercitazione della Nato, con molti aerei in azione, nel corso della quale sarebbe dovuto partire un missile contro il leader libico". Tradotto: "L'esercitazione - afferma raggiunto da Repubblica - era una messa in scena che avrebbe permesso di spacciare l'attentato come incidente involontario".

 

 

Peccato però che "Gheddafi fu avvertito del pericolo e non salì sul suo aereo. E il missile sganciato contro il Mig libico finì per colpire il Dc9 dell'Itavia che si inabissò con dentro ottantuno innocenti". Dietro l'avvertimento per Amato c'era Bettino Craxi. Stando alla sua ricostruzione, "quel missile sarebbe stato lanciato da un caccia francese partito da una portaerei al largo della costa meridionale della Corsica o dalla base militare di Solenzara, quella sera molto trafficata. La Francia su questo non ha mai fatto luce". L'esponente socialista si dice convinto che "da principio i militari si erano chiusi in un silenzio blindato, ostacolando le indagini. E quando da sottosegretario alla Presidenza ebbi un ruolo in questa vicenda, nel 1986, cominciai a ricevere a Palazzo Chigi le visite dei generali che mi volevano convincere della tesi della bomba esplosa dentro l'aeromobile. Era da tempo crollata la menzogna del 'cedimento strutturale' dell'aeromobile e bisognava sostituirla con la tesi altrettanto falsa del 'cedimento interno a causa dell'ordigno'".

 

 

I dubbi ben presto iniziarono a farsi pesanti: "Ovviamente mi chiedevo perché venissero a dirmi queste falsità. Capivo che c'era una verità che andava schermata. E la nostra aeronautica era schierata in difesa della menzogna. C'era qualcosa di molto inquietante in tutto questo. Se tanti militari, tutti con incarichi ufficiali molto importanti, dicevano la stessa cosa palesemente falsa dietro doveva esserci un segreto molto più grande di loro. Un segreto che riguardava la Nato". Solo col passare del tempo, "ma senza averne prova, avrei saputo che era stato Bettino ad avvertire Gheddafi del pericolo nei cieli italiani. Non aveva certo interesse che venisse fuori una tale verità: sarebbe stato incolpato di infedeltà alla Nato e di spionaggio a favore dell'avversario. In fondo è sempre stata questa la sua parte. Amico di Gheddafi, amico di Arafat e dei palestinesi: uno statista trasgressivo in politica estera". Di fronte a queste parole però il generale Leonardo Tricarico non ci sta e definisce quelle di Amato delle "falsità": "Perché non disse tutto ai pm?".

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