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Pontedera, finge una gravidanza per ricattare l'ex: finisce alla sbarra

Claudia Osmetti
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L’aveva scritto sui social, aveva messo anche i particolari del parto. C’erano delle fotografie pescate chissà dove, c’erano i commenti pubblici, c’erano le storie condivise con amici e conoscenti. «Ora respira autonomamente, ancora poco e andiamo a casa». Oppure: «Oggi l’anagrafe ha registrato ufficialmente il piccolo con il nome del padre». O ancora: «Tale padre e tale figlio, stessi piedi e stesse gambe, anche se il tuo papà non ha voluto sapere niente dite». Ché tu li leggevi, questi post, sembravano sinceri, e immediatamente pensavi: «Ci vuole un bel coraggio, nel 2023, in Italia, a non prendersi le proprie responsabilità fino a questo punto». Epperò il “coraggio” ce l’ha avuto lei, e non ha niente a che vedere coll’eroismo, la forza d’animo o un moto di audacia. Ha a che vedere, semmai, con una donna di 46 anni, originaria di Pontedera e residente nel Pisano, in Toscana, che quella gravidanza sbandierata ai quattro venti di internet se l’è inventata di sana pianta. Non era vero niente, non c’era nessun pancione, nessun fiocco azzurro alla porta, nessun biberon da riempiere alle due di notte. L’aveva inscenata solo per colpire l’ex compagno, un ragazzo 33enne della Val di Vara, in provincia di La Spezia, in Liguria, facendogli fare la figura del vigliacco e anche un po’ dell’infame. Dall’ottobre del 2020 al maggio del 2021: ininterrottamente, continuamente, come se fosse stato un chiodo fisso. Sempre lì, in rete, nei meandri del www, col ditino sulla tastiera e gli “sfoghi” (al vetriolo) uno peggio dell’altro.

RINVIO A GIUDIZIO
È stata rinviata a giudizio in questi giorni, la 46enne di Pisa. È stata rimandata a processo per diffamazione e per stalking, anche perché lo ha minacciato, quell’ex innamorato che innamorato non era più: se-non-riallacci-il-rapporto-non-abortisco. Considerazione che è sbagliata sotto ogni punto di vista. Primo perché un bimbo non può diventare un arma di ricatto e secondo perché, in amore, l’aut-aut non funziona mica, non funziona mai. Eppure la donna ha contattato i famigliari e gli amici di lui, l’ha messo in cattiva luce, s’è fatta sponda con un pancione (che non aveva) informandoli anzitutto che era incinta (cosa falsa) e successivamente che era stata abbandonata in quello stato (cosa due volte falsa). Vero niente. Così il 33enne l’ha denunciata e adesso la giustizia seguirà il suo corso. Ci sarà un processo, si esprimerà la magistratura (e per davvero, questa volta). Eppure non è la prima.
 

 


Solo quest’anno. Luglio, Pescasseroli, L’Aquila: stessa storia, stesso social, stesso epilogo. Lei, una signora di mezz’età, aveva appena conosciuto on-line un agente di polizia penitenziaria. Le cose al principio sono andate bene, ma qualcosa s’è incrinato dopo neanche venti giorni: succede, la scintilla, se non scatta, c’è nulla da fare. E allora eccolo, il “ricatto” che non t’aspetti. Quella gravidanza che non c’è (ma viene enfatizzata) pur di tirare alle lunghe la relazione e di convincere il secondino a tornare sui suoi passi. A Pescasseroli (o meglio, a Sulmona, dove c’è il tribunale di competenza) è andata a finire che la finta quasi-mamma si è beccata una condanna in primo grado a nove mesi di reclusione e una provvisionale da pagare, sull’unghia, di oltre 5mila euro per il reato di atti persecutori. La vittima (l’uomo) ha vissuto mesi di ansia, ha perfino cambiato numero di cellulare, prima di decidersi a denunciarla.
Roma, febbraio: idem.

Una trentenne è stata rinviata a giudizio (ancora) per stalking aggravato (ancora) dopo che ha inscenato una gravidanza inesistente (ancora) per convincere il suo ex a non lasciarla (ancora). Sembra il copione di una storia fotocopia. Aprile, Trento: qui cambiano leggermente gli addendi della vicenda, ma il risultato è (matematicamente) lo stesso. Lei è una prostituta romena, lui un cliente italiano. Si sono conosciti per strada, diciamo nel senso che abbiamo intuito tutti: sono andati a casa di lei, hanno consumato un rapporto sessuale, appena finito è scattala trappola. La escort ha sostenuto che il preservativo che hanno appena usato fosse guasto, cioè che si sia rotto durante l’amplesso, e che, con ogni probabilità, è rimasta incinta. Ne è sicura, robe che una donna se le sente, non deve manco fare il test: l’uomo, a questo punto, è andato nel panico e si è fatto spillare, nel giro dei giorni successivi, qualcosa come 4.300 euro. Assieme alla prostituta ha agito anche un’amica, che l’ha aiutata e poi si è data alla fuga. Il finale è quello classico e prevede un avvocato, un giudice e un faldone con su scritto “procedimento per estorsione”.

 


VITTIME ANCHE ANZIANE
Ma a giugno, ad essere truffata dall’ennesima gravidanza inesistente, che a quanto pare è un vizietto per nulla relegato in una casistica di circostanza, è anche un’anziana di 85 anni di Gualtieri, Reggio Emilia: le si era presenta alla porta questa ragazza, di nuovo assieme a un’altra giovane, le ha chiesto di poter usare il bagno e di bere un bicchiere d’acqua, aveva la pancia sporgente e ha sottolineato che sì, era incinta, le serviva solo un piccolo aiuto. Lei, la nonnina, figurati se si è fatta pregare, solo che quando ha riaccompagnato alla porta l’ospite si è ritrovata senza più l’oro che teneva sul comodino.

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