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Osaka 25, Mario Vattani: "Ecco come l'Italia si presenterà in Giappone"

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Lucia Esposito
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Oaka 2025. Una città e una data che sembrano lontanissime, ma in Italia la macchina organizzativa dell’Expo giapponese lavora senza sosta dalla fine dell’estate e tra qualche giorno il Commissario Mario Vattani arriverà in Giappone per la posa della prima pietra del Padiglione Italia.

Vattani, con il suo libro “Svelare il Giappone” (Giunti) arrivato alla quinta ristampa, ci ha condotto nelle meraviglie segrete di questo Paese, adesso invece deve portare la sua Italia in terra d’Oriente per un appuntamento importante come l’Expo. Come vive questa sfida?
«È una sfida duplice perché il tema di questo Expo è “disegnare la società del futuro per le nostre vite”, si tratta quindi di immaginare il futuro del nostro Paese in senso ampio e non limitato a un solo aspetto. E poi perché questa Esposizione si svolge su un’isola artificiale dove è difficile costruire».

Lei è in partenza proprio per l’inizio dei lavori, come avete superato queste difficoltà logistiche?
«Siamo il primo Paese ad avviare i lavori e questa non è solo una medaglia da appuntarci sul petto, ma una scelta strategica importante perché l’isola su cui si svolgerà Expo è collegata alla terraferma solo da un ponte e, inevitabilmente, nei prossimi mesi si creeranno dei colli di bottiglia. Noi vorremmo essere pronti per quanto riguarda la parte infrastrutturale prima che partano gli altri. Quest’accelerazione è stata possibile perché abbiamo una partnership con il Giappone e i lavori saranno eseguiti da una società integrata».

Ci spiega come sarà questo Padiglione? E come l’Italia risponderà al tema lanciato, cioè disegnare la società del futuro?
«Il Padiglione Italia, progettato dall’architetto Mario Cucinella, sarà completamente sostenibile e composto di tre parti. Un teatro in cui saranno previsti vari momenti dedicati al racconto della nostra cultura intesa in senso largo, dall’arte ai territori, ma anche dalla meccanica alla robotica, e poi ovviamente il design, la moda, l’enogastronomia. È prevista poi una “città ideale” con dentro cinque aree: persona, società, aero -spazio, Regioni e Santa Sede. Infine, sul tetto verrà realizzato un giardino all’italiana che si potrà vedere dalla passeggiata centrale dell’Expo concepita su un grande cerchio che sarà costruito a dodici metri d’altezza. Qui ci sarà un ristorante dove potranno essere gustate le nostre specialità gastronomiche».

È la prima volta che la Santa Sede partecipa a un’Esposizione Universale?
«No, la vera novità è che questa voltala Santa Sede non avrà solo l’occasione di portare opere d’arte ma di raccontare, insieme a noi, il tema della centralità dell’uomo rispetto alla tecnologia. Abbiamo un obiettivo chiaro: chi entra nel Padiglione Italia deve uscire avendo colto dei valori precisi».

Se dovesse usare tre aggettivi per definire il Padiglione?
«Razionale, evocativo- cioè fonte di ispirazione - e Italiano con la “I” maiuscola. Perché questo Padiglione deve raccontare la nostra unicità».

Ci sono stime sul numero dei visitatori?
«Sono attesi trenta milioni di ospiti, di questi l’ottanta per cento saranNere Anrl••-..Vwnwni k no giapponesi, molti arriveranno da altri Paesi asiatici che rappresentano il mercato del futuro».

Avete quantificato il ritorno in termini economici?
«Abbiamo commissionato uno studio al Politecnico di Milano che ha stimato il venti per cento di aumento dell’export già esistente verso il Giappone e verso l’area, per un valore di oltre seicento milioni di euro».

Lei ha sposato una giapponese, parla la lingua perfettamente e tra i tanti incarichi è stato capo dell’ufficio economico dell’ambasciata italiana a Tokyo e ricercatore all’Institute of Japanese Identity dell’Università Takushoku di Tokyo. Può dirci come i giapponesi vedono il nostro Paese e cosa, invece, hanno da scoprire?
«In questo momento l’Italia ha bisogno di presentarsi come un Paese che produce innovazione. I giapponesi conoscono il nostro saper fare, il valore delle nostre imprese manifatturiere e adesso devono fare da filtro per trasmettere ad altri Paesi asiatici la qualità dei nostri prodotti artigianali e della nostra tecnologia».

C’è ancora qualcosa da svelare sul Giappone?
«È un Paese che cambia sempre e mi stupisce ogni volta perché quando penso di aver imparato qualcosa, mi accorgo che c’è un’altra interpretazione possibile. Anche per i giapponesi Osaka 2025 sarà una sfida. Sono curioso di scoprire come sceglieranno di rappresentare loro stessi. In questi mesi per la prima volta sto lavorando con loro a un progetto comune, mentre prima mi relazionavo ai giapponesi per conto delll’Italia, ebbene, trovo commuovente la loro cortesia, la loro attenzione, la severità gioiosa con cui lavorano»

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