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Treviso, adescavano pedofili per massacrarli e derubarli: condannati a sei anni

Claudia Osmetti
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Li hanno condannati (e bisognerebbe dire “giustamente”, perché la giustizia non ha niente a che vedere coi giustizieri) a sei anni, tre mesi e dieci giorni di carcere. Sono ragazzi, ragazzini: uno di loro è addirittura minorenne (la sentenza, per lui, è diversa e fa capo alla magistratura minorile), gli altri due hanno venti e diciannove anni. Tra il giugno del 2022 e il febbraio del 2023 hanno sequestrato, picchiato e derubato otto uomini: omosessuali, o con tendenze omosessuali, di certo interessati a incontrarsi con bimbi e giovanissimi.

Per questo sono finiti nella trappola. Orchestrata in stile To catch a predator (che è una docu-fiction dell’Nbc americana ancora disponibile su Youtube): con uno dei tre che li adescava nelle chat per gay, diceva di avere tredici anni, poi li attirava in casolari isolate o zone fuori dalla portata cittadina e a quel punto arrivavano gli altri. Che minacciavano (persino con delle armi), sequestravano, rapinavano, all’occorrenza menavano le mani.

 

 

In provincia di Treviso, tra Vedelago e Campigo, a Castelfranco. Quando la polizia li ha presi, era lo scorso febbraio, avevano prelevato un impiegato 50enne, lo avevano appena legato e stordito usando un taser, gli avevano portato via le chiavi dell’auto e il bancomat. Uno dei tre ragazzi stava per andare a uno sportello e prelevare qualcosa. «Lo abbiamo fatto per fare del bene alla società e per mettere fine a questa piaga», hanno detto, dopo. Dopo l’arresto, dopo l’inchiesta, dopo il processo con rito abbreviato. Secondo la difesa sarebbe «difficile distinguere i profili delle vittime da quelle dei carnefici. I nostri assistiti sono giovani immaturi, ma non cattivi ragazzi».

 

 

Però non è questo il punto. Perché è vero, un pedofilo, uno che se la prende con bambini innocenti, stro*** è e stro*** rimane. Su questo non ci piove. Epperò lo Stato di diritto non è uno Stato di vendetta, e non è nemmeno uno Stato in cui un privato cittadino (o tre, compreso un minore) si autoproclama giustiziere dei deboli. Tutt’al più questo è il caos. Le otto vittime dei tre ragazzini, infatti, e di vittime tutto sommato, sì, è lecito parlare in questo caso, sono già state risarcite. La metà di loro (cioè quattro persone) ha rinunciato alla costituzione di parte civile; due di fatto sono diventate irreperibili (impossibilitate a ottenere l’indennizzo, a nome loro è stata effettuata una donazione ad alcune associazione di volontariato). Gli imputati sono stati ammessi al percorso di giustizia ripartiva.  

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