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La Consulta dà le case popolari agli immigrati

Michele Zaccardi
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No al requisito della residenzialità di cinque anni per l’accesso alle case popolari. La Corte Costituzionale boccia la legge della Regione Veneto.

«È irragionevole negare l’accesso all’edilizia residenziale pubblica a chi, italiano o straniero, al momento della richiesta non sia residente nel territorio della Regione da almeno cinque anni, pur se calcolati nell’arco degli ultimi dieci e maturati eventualmente anche in forma non continuativa» si legge nella sentenza. Questo perché, spiega la Consulta, «il requisito della prolungata residenza impedisce di soddisfare il diritto inviolabile all’abitazione, funzionale a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana». Anzi, tale criterio contrasta con il fatto che «proprio chi versa in stato di bisogno si vede più di frequente costretto a trasferirsi da un luogo all’altro spinto dalla ricerca di opportunità di lavoro».

 

 

Del resto, secondo la Corte, la permanenza per almeno cinque anni in regione, accertata nell’arco di un decennio, «non induce a ritenere che vi sarà un futuro radicamento nel territorio», né serve a «valorizzare il tempo dell'attesa nell'accesso al beneficio, esigenza che si può semmai riflettere nell'anzianità di presenza nella graduatoria di assegnazione».

La Consulta, per questo, ha ravvisato nella legge del Veneto «l’adozione di un criterio irragionevole, che si traduce nella violazione del principio di eguaglianza formale fra chi può e chi non può vantare una condizione, quella della prolungata residenza nel territorio regionale, del tutto dissociata dal suo stato di bisogno». Perla Corte, inoltre, il requisito della residenzialità contrasta anche con il principio di «eguaglianza sostanziale», perché «tradisce la naturale “destinazione sociale al soddisfacimento paritario del diritto all’abitazione della proprietà pubblica degli immobili” dell’edilizia residenziale pubblica».

 

 

Ma la decisione della Consulta non convince il governatore del Veneto. «Prendo atto della sentenza della Corte Costituzionale, ma non la condivido per onestà intellettuale e storia personale» ha detto Luca Zaia. «In Veneto» ha aggiunto, «abbiamo scelto di premiare chi, cittadino italiano o cittadino straniero non fa differenza, nella nostra terra ha un progetto di vita. Penso che la nostra norma non sia affatto una legge che esclude, tutt’altro: è stata voluta per favorire inclusione e senso di comunità. L’abbiamo pensata per chi vuole stabilirsi in Veneto con la propria famiglia, avviare un percorso di vita, iniziare un’attività lavorativa, mandare i propri figli nelle nostre scuole con la prospettiva di mettere radici. Non per chi arriva oggi e pretende gli stessi diritti chi risiede in Veneto da tempo». «La residenzialità» ha spiegato Zaia, «non può basarsi su un criterio di “sliding door”, ma deve premiare invece chi pensa ad un futuro dove sceglie di risiedere». 

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