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La scuola dei rabdomanti: trovare l'acqua è un'arte

Alessandro Dell'Orto
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Uno, due, tre, quattro passi felpati e lenti. Poi, all’improvviso, la punta del bastone a forma di Y tenuto dritto tra le mani- meglio se di nocciolo e fresco, ha più flessibilità - si abbassa con vigore e va giù giù giù, come attratta con forza dal terreno. Ci siamo, il Maestro si ferma trai brusii degli altri e l’eccitazione: significa che lì sotto, molto sotto, passa dell’acqua. Sembra facile e allora perché non provare?

Ti spiegano che i pugni - rivolti verso l’alto - devono reggere le due estremità del legno con fermezza, ma senza stringere. Fatto. La testa deve essere sgombra da pensieri, libera. Fatto. Stesso percorso, uno, due, tre quattro passi felpati e lenti.

Fatto. Il risultato, però, è disastroso: niente, non succede nulla e la punta bastone continua a guardare ostinatamente in avanti. Allora ti volti deluso e abbacchiato, ma per fortuna trovi sguardi di comprensione, sorrisini di conforto come per dire: se tutti riuscissero al primo tentativo non ci sarebbe bisogno di imparare.

Benvenuti alla prima scuola italiana di rabdomanzia (dall’unione di due parole greche che significano “verga” e “divinazione”), l’antica arte (si praticava già nel III millennio a.C. in Cina e in Egitto) di cercare acqua nel sottosuolo. Settanta studenti, l’esperto Renato Labolani- seguito e rispettato come fosse un guru (e in realtà un po’ lo è)-e un meraviglioso bosco a Bajardo, nell’entroterra ligure in provincia di Imperia: è qui che si impara a cercare faglie e gli allievi si aggirano sparpagliati qua e là brandendo bastoncini tradizionali, arnesi più moderni in ottone o pendolini.

 

 

IL SINDACO CORAGGIOSO - Ma sarà tutto vero? E se sì, come è possibile? C’è un trucco? Loro ci credono, raccontano che la percentuale di successo è altissima, che è un questione di sensibilità e concentrazione; lui, il Maestro Renè, 76 anni, lo fa da una vita e ora ha deciso di tramandare questo talento gratuitamente, appoggiato dal sindaco del paese. «Nel 2022 c’è stata una grave crisi di precipitazioni, due delle nostre cinque sorgenti si sono seccate e abbiamo avuto un problema idrico- racconta Remo Moraglia, il primo cittadino di Bajardo -. Allora mi sono rivolto a Renato, che abita ad Apricale, pochi km da qui, e da queste parti è famoso per aver trovato l’acqua un po’ ovunque. Il risultato è stato incredibile: ha identificato una falda, decifrandone la profondità e l’ampiezza, e a maggio perforeremo. Le polemiche? Qualcuno si è lamentato perché gli ho conferito un incarico ufficiale come consulente e l’ho pagato a partita Iva con i soldi pubblici. Ma ne valeva la pena e comunque, se ci fosse qualche problema burocratico, ho già chiarito: i 300 euro pattuiti, alla peggio, li metto di tasca mia».

Già, la rabdomanzia. Non ha alcun riscontro scientifico ed è considerata uno dei metodi della radioestesia, pratica pseudoscientifica che consiste nel tentare di localizzare oggetti nascosti o informazioni sconosciute servendosi di uno strumento inerte. Qualcuno la considera stregoneria, altri una specie di magia. «Qualsiasi cosa emette energia, vibrazione o campo magnetico chiarisce Renato Labolani -. La nostra parte inconscia, che ha un sapere e un potere enorme che noi non sfruttiamo, è in grado di cogliere questi segnali: li prende, attraverso uno strumento che può essere un pendolo o un bastone, e li passa alla parte conscia. Però se uno non riesce ad aprire un canale tra le due parti, i segnali arrivano ma rimangono lì e non escono. È come avere una finestra, ma non riuscire ad aprila: non vedi il panorama».

Renè racconta e si racconta, mentre tutti gli studenti lo guardano con ammirazione. «Ho iniziato 30 anni fa ed è solo un hobby. Chiunque può fare il rabdomante, basta investirci del tempo e allenarsi. E non servono né particolare conoscenze né studi: anzi, più sei villano e rozzo, più ti viene tutto facile. Semplicemente, chi è portato arriverà prima al risultato». La particolarità di Labolani è che, una volta capito in quale punto scorre l’acqua nel sottosuolo, è anche in grado di stabilire la grandezza della falda e la profondità: per farlo passa dal bastone al pendolino.

«L’importante, in questo caso, è fare le domande giuste e avere impostazioni mentali chiare. All’inizio arrivo in un posto neutro, prendo il pendolo in mano e gli chiedo di dirmi da che parte è la faglia più vicina. Lui comincia a ruotare e poi mi dà l’indicazione. Quando arrivo dove c’è la faglia il pendolo rallenta, poi si ferma. A quel punto verifico la profondità, la portata, quanta acqua ci passa e altri dati, sempre grazie alla rotazione del pendolino». Renè spiega la teoria e poi, subito, passa alla pratica. Trovato il punto giusto comincia a contare, mentre il pendolo gira velocemente in senso orario: «Vediamo quanto è profonda questa faglia: 10 metri, 20, 30, 40, 50, 60, 70. Vedete che sta rallentando? 75, 80, 86, 87. Ora gira all’incontrario, significa che è al limite: sarà a 90 metri».

 

 

SECCHIONE DELLA CLASSE - Gli studenti restano impietriti, in silenzio. Tra loro - professionisti nei settori più disparati - c’è chi è alla prima esperienza e chi invece è già bravino. Gian Carlo ha un’impresa di trivellazioni, Michelangelo è autista di bus, Emi fa la modellista, Stefano il tornitore, Roberto l’architetto, Maurizio è agricoltore, Pierluigi geologo e Daniele, il secchione della classe, è geometra. Arrivano dalla Liguria, ma anche da più lontano: Bergamo, Brescia, Novara. Sono attratti dall’antica arte, ma soprattutto dal personaggio Renè.
Silenzioso, apparentemente burbero, generoso. E umile.

«Renato, racconta della Contessa Vacca Augusta», gli dicono. Lui sorride un po’ imbarazzato. «Tre anni fa i nuovi proprietari russi della sua tenuta a Portofino mi hanno chiamato, erano alla ricerca disperata di acqua. C’erano già andate altre persone che gli avevano indicato posti diversi senza successo. Io ho trovato un punto preciso e ho detto: scavate qui, ci sono due faglie a 60 e 95 metri. Le ho prese tutte e due. Hanno portato le trivelle con gli elicotteri e ora tirano fuori 100 metri cubi di acqua al giorno. Berlusconi? Mi aveva contattato anche il suo geometra, ma poi non sono più andato. Errori? Per ora solo 2 su 90 indicazioni. Adesso riesco a trovare le falde anche da casa, mi basta una cartina: la mia parte dell’inconscio comunica con quella del proprietario del terreno».

Applausi, ammirazione. Ma anche critiche e invidie. Il Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze (Cicap, nato su iniziativa di Piero Angela), per esempio, definisce i rabdomanti “vittime di un genuino autoinganno”. Renato scuote la testa: «È gente con la mentalità chiusa, se qualcuno vuole venire per un confronto sono qui». Meglio pensare alla scuola. E agli studenti, che tra un mese hanno la terza lezione: «Mi raccomando, fate i compiti. Ricordate, ogni giorno almeno mezzora di esercitazione. Meglio se la mattina, quando la mente è più libera».
 

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