Conclave, "Papa rosso" è il favorito: crescono le quotazioni di Tagle

Quasi sicuramente il prossimo Pontefice verrà dal "Sud del mondo" e sarà attento al dialogo con l'Islam, ai migranti, al clima. C'è già un nome in pole
mercoledì 30 aprile 2025
Conclave, "Papa rosso" è il favorito: crescono le quotazioni di Tagle
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Il Bergoglio d'Asia, lo hanno soprannominato. Ma in questi giorni che precedono il Conclave in Vaticano monsignor Luis Antonio Tagle, cardinale filippino di 67 anni, ha guadagnato un altro soprannome: il "Papa rosso", sottolinea Repubblica ricordando la sua fama di "progressista senza eccessi". Qualche giorno fa i conservatori canadesi e americani lo hanno preso di mira per un video, vecchio di 5 anni, in cui su un palco cantava Imagine di John Lennon, un inno pacifista giudicato però anche un "inno ateo". 

Tagle è stato un fedelissimo di Bergoglio, che gli aveva affidato la guida di Propaganda Fide. Tra i più accreditati papabili, si fa forte della sua provenienza geografica: le Filippine sono il più grande paese cattolico d'Asia e quando Francesco celebrò messa insieme a lui a Manila c'erano 7 milioni di fedeli ad ascoltarlo. "Quanto hai pagato quelle persone?", fu la battuta del Santo Padre a Tagle, che rispose pronto: "Ho promesso loro la vita eterna se avessero salutato il Successore di Pietro".

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Siccome ogni Conclave è, formalmente, un evento spirituale ma nella pratica è anche un passaggio altamente politico, non è difficile immagine una convergenza sul suo nome influenzata dalla geopolitica globale, dalle tensioni Usa-Cina (e il baricentro del mondo che si sta spostando in Asia) all'ascesa del Sud del mondo. Lo stesso Francesco aveva progressivamente "de-europeizzato" il Sacro Collegio, scegliendo cardinali da periferie spesso ignorate: Congo, Mongolia, Timor Est, India, Indonesia e Iraq. Il risultato? Un collegio elettorale in cui America Latina, Africa e Asia contano come mai prima d'ora. È la fotografia fedele di un mondo multipolare, ma anche di una Chiesa che si interroga sul proprio ruolo nei grandi equilibri internazionali. Il prossimo pontefice potrebbe essere il primo papa africano (il cardinale congolese Fridolin Ambongo Besungu) o asiatico della storia moderna. E con lui, la diplomazia vaticana potrebbe mutare radicalmente: meno eurocentrica, più attenta al Sud globale, più orientata al dialogo con Islam, Cina, movimenti migratori e crisi ambientali.

Tra i nomi emergenti ci sono quelli di Anthony Poola (India), arcivescovo di Hyderabad, noto per il suo impegno sociale e per la promozione dei diritti delle minoranze, inclusi i transgender, ​e Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo (Indonesia), arcivescovo di Giacarta e presidente della Conferenza Episcopale Indonesiana, impegnato nel dialogo interreligioso e nella promozione della pace.

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Dall'Africa, oltre a Besungu, attenzione anche a Robert Sarah (Guinea), ex prefetto della Congregazione per il Culto Divino, noto per le sue posizioni conservatrici, ma con una forte influenza nel continente nero. Un outsider potrebbe essere Dieudonné Nzapalainga (Centrafrica), arcivescovo di Bangui, che ha svolto un ruolo cruciale nel processo di pace nel suo paese e nel dialogo interreligioso. In America Latina spicca Odilo Pedro Scherer (Brasile), arcivescovo di San Paolo, una delle voci più influenti del Brasile e sostenitore di una Chiesa vicina ai poveri, che già nel conclave del 2013, a quanto si dice, sarebbe stato tra i papabili e sarebbe considerato ancora oggi un buon candidato, capace di mettere d'accordo l'ala conservatrice e quella progressista del Sacro Collegio. Il continente latinoamericano potrebbe contare anche su ​Pedro Barreto (Perù), arcivescovo di Huancayo, noto per il suo impegno nella difesa dell'ambiente e dei diritti delle popolazioni indigene, e Sérgio da Rocha (Brasile), arcivescovo di Brasilia, che ha ricoperto ruoli significativi nella Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile. Tuttavia appare altamente improbabile che il Pontefice venga scelto ancora una volta nel continente di Bergoglio.