L’ultima frontiera della sottomissione alla cultura islamica è la gita in moschea per pregare per la pace. Solo che a farlo non è qualche circolo del Pd o della sinistra radicale, bensì una scuola materna paritaria, cattolica. Le foto, pubblicate sulla pagina facebook dell’istituto, non lasciano spazio a dubbi. In una (quella in prima pagina) si vedono i bambini inginocchiati verso la Mecca, la fronte a terra per pregare come fanno i fedeli islamici. Nell’altra (che vedete qui in basso) gli stessi bimbi sono inginocchiati davanti all’imam che guida la preghiera. Siamo a Ponte di Priula, Comune di quasi 5mila anime in provincia di Treviso.
I bimbi hanno dai tre ai cinque anni e, fanno sapere dalla scuola, per fare quella gita hanno avuto il benestare dei genitori. A raccontare la giornata del 30 aprile scorso, è stata la stessa scuola con un post sui social corredato fotografie: «Questa mattina siamo stati accolti dall’Imam nella moschea di Susegana... è stata un’esperienza davvero emozionante. Ci siamo tolti le scarpe, le maestre hanno indossato un velo e siamo entrati in una grande stanza dove per terra c’era un enorme tappeto rosso con alcune strisce bianche dove ci si mette per pregare... L’imam ci ha spiegato che la religione musulmana si fonda su 5 pilastri e ci ha detto che loro pregano 5 volte al giorno (ci abbiamo anche provato)». Dallo stesso post si evince che questa non è la prima volta che la scuola ha rapporti con la comunità islamica della zona: «Già in occasione della festa per la fine del Ramadan Shevala, mamma di Bilal, ha letto un libro che spiega ai bambini cos’è e cosa si fa durante il Ramadan. Grazie di cuore all’Imam che ci ha aperto le porte della moschea e ci ha accolto con rispetto, amicizia ed entusiasmo».
Immediata è scoppiata la polemica politica. Anche perché, pur cercandole, sulla pagina social della scuola non abbiamo trovato immagini di gite in chiesa coi bambini di religione islamica ingnocchiati sui banchi a mani giunte. A scaldare gli animi, infatti, non sono tanto le connessioni tra la comunità islamica Emanet e quella cattolica - che sono da sempre in buoni rapporti - quanto l’immagine dei bambini fronte a terra che pregano all’islamica. «Voglio sperare che i genitori che hanno dato l’assenso, non avessero contezza di quello che sarebbe successo - spiega a Libero Alberto Villanova, capogruppo della Lega in Regione Veneto -. Quelle immagini fanno raggelare il sangue. Siamo tutti per la pace nel mondo, ma sarei proprio curioso di sapere se l’imam ha spiegato ai binbi, vere vittime inconsapevoli di questa vicenda, cosa succede in molti Paesi musulmani dove le donne non sono nemmeno libere di studiare. È quindi nei centri culturali islamici che dovremmo prendere lezioni di civiltà?». Villanova aggiunge che «certamente non staremo zitti di fronte a questi episodi. Qui stiamo parlando di una vera e propria sottomissione culturale».
A scagliarsi contro l’iniziativa anche Paolo Borchia, capodelegazione del Carroccio al parlamento europeo: «Prima il Ramadan nelle chiese, ora i bambini dell’asilo portati in moschea a pregare rivolti verso la Mecca. In silenzio l’identità europea viene smantellata. E c’è ancora chi parla di dialogo quando l’unico messaggio che passa è quello di sottomissione culturale. Questo non è il futuro che vogliamo per i nostri figli. Difendere la nostra cultura - chiude Borchia- significa dire dei no chiari. No alla cancellazione delle nostre radici, no all’educazione che confonde l’integrazione con la resa. Sveglia, Europa!».
Dalla Fism, la Federazione italiana delle scuole materne cattoliche, la presidente provinciale Simonetta Rubinato, spiega a La Tribuna che «riteniamo che la dimensione spirituale e religiosa sia parte integrante del progetto educativo delle scuole dell’infanzia di ispirazione cristiana». La presidente si fa però più cauta sull’iniziativa trevigiana: «Anche se poi non entriamo nelle specifiche scelte educative e didattiche, che le singole scuole gestiscono in autonomia». Infine cita Papa Francesco «che ha sottolineato la dimensione umana della fraternità, che lega tutti gli uomini in quanto figli dello stesso Padre».
La materna di Ponte della Priula è una paritaria, cioè è una scuola non statale, ma riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione come tale. Con gli stessi diritti e gli stessi doveri. E chissà che il ministro Valditara non senta il bisogno di chiarire fino in fondo questa storia. Perché va bene il dialogo interreligioso, ma qui sempre si sia andati oltre.