Il Salone del Libro di Torino è un po’ come il fisco: più paghi e più ti munge. È l'evento double face in cui se sei un autore blasonato, un personaggio noto, un componente della cricca che piace alla gente che piace, ti diverti un monte. Del resto, tra passerelle, aperitivi cool nelle zone Vip, flash dei fotografi e trasporto in Ncc non potrebbe essere altrimenti. Allo stesso tempo però, è pure l'evento che ogni anno trasforma il Lingotto in un labirinto culturale in cui gli editori si ritrovano a vivere un’esperienza tremendamente atema poiché simile alla trama di un romanzo. Però kafkiano.
Già solo riuscire a varcare la soglia del Salone non è così scontato. Servono requisiti a prova di aeroporto, anche per chi espone: dal giorno della fiera è vietato introdurre bottiglie d’acqua piene, bombolette spray (addio deodorante, benvenuti cattivi odori), trombette da stadio, armi, droga e fuochi d’artificio. Nel vademecum c’è scritto davvero. Peccato che invece il giorno prima, quello dell’allestimento, si possa (ovviamente) entrare con i bilici. E dunque introdurre teoricamente di tutto.
Nicola Lagioia, "cordialmente querelato per diffamazione da Valditara"
"Sono stato cordialmente citato in giudizio per diffamazione dal ministro della pubblica istruzione Giuseppe Valdit...Superata la frontiera, c’è da affrontare la vera prova: la coda. Coda per entrare. Coda per uscire. Coda per il bagno. Coda per un caffè lunga quanto l’incipit di Moby Dick. Coda per chiedere informazioni a un volontario in stato confusionale. Non si tratta più di partecipare a una fiera, ma di vivere un rito di passaggio, una sorta di noviziato editoriale in cui, per diventare “veri”, bisogna affrontare code da epopea omerica, spazi angusti e lettori armati di domande tipo: «Questo libro è fantasy, ma anche con un po’ di noir? E i draghi hanno sentimenti?».
Senza voler fare i conti in tasca a nessuno – ma facciamoli lo stesso – il costo di uno stand sfiora al metro quadro quello di un bilocale a Vercelli. Migliaia di euro che non solo aumentano di anno in anno, ma ricomprendono contemporaneamente sempre meno servizi. Il Salone si muove infatti sul modello Ryanair: vuoi una sedia in più per far sedere l’autore che hai pubblicato? Paghi. Vuoi una presa di corrente per ricaricare il cellulare dopo 11 ore al padiglione? Se ne hai una abbastanza vicina bene. Altrimenti? Paghi. Le mensole dello stand l’anno scorso erano comprese nel prezzo? Quest’anno no, si pagano. Dal prossimo c’è da augurarsi che non diventi a pagamento anche il cestino della spazzatura.
E i pass auto? Un enigma matematico. Se prendi 3 stand singoli hai diritto a 3 pass. Se prendi uno stand grande il triplo in sinergia con 3 editori il pass diventa 1. Gli altri due sfortunati? O parcheggiano su Marte, o entrano a piedi con un trolley e una scoliosi emergente. È solo questione di tempo prima che venga introdotto il supplemento “ossigeno base + 3 euro per quello arricchito”. Quest'anno poi è esplosa la “polemica Libraccio”. C’è la grande catena di librerie di volumi di seconda mano che totalizza da sola uno spazio da 350 metri quadri. E vende libri di tutti i marchi, anche di quelli che sono in fiera. Quindi tu espositore, dopo aver stuprato il tuo portafogli, vinto i Giochi Senza Frontiere, ottenuto il badge antiterrotismo e sostenuto una sessione di cardio solo per poterti sedere al tuo umilissimo stand, rischi pure di ritrovarti di fronte ad un’astronave grande come un campo da calcio, con led dappertutto, un esercito di commessi e milioni di libri di ogni genere in vendita alla metà del prezzo. Tra cui, per inciso, potrebbe essercene anche qualcuno edito da te.
Roberto Saviano, delirio di onnipotenza a Francoforte: "Io sono la luce"
Resta una delle battute più belle della storia del cinema, “tu, hai visto la luce?”, chiedeva Elwood ...Il Salone, nella sua autenticità, nasce per valorizzare i marchi editoriali poco noti e per permettere un confronto più genuino tra l’editore e il lettore, di norma separati da un meccanismo distributivo cannibale. Invece, sta finendo per subire le stesse logiche di mercato che avrebbe dovuto superare: il grande prospera, il piccolo boccheggia. Tornarci però, anno dopo anno, è una sfida con se stessi. C’è da dimostrare all’uomo nello specchio di aver conservato la propria vena romantica. Quella di chi crede ancora che i libri cambino le persone, che gli eventi culturali abbiano un senso, che la presenza in fiera sia più che una foto su Instagram con l’hashtag #SalTo.
L’idea, un po’ assurda e un po’ ingenua, è che in mezzo a questo caos, qualcuno – un lettore vero – possa dal nulla passare davanti allo stand, sfogliare un libro e dire: «Ecco, questo mi interessa». E allora ciò finisce per motivare la scoliosi, il caldo, le code, l’assenza di mensole. Senza pensare troppo al fatto che tra qualche anno, finito un pezzo come questo, scritto tra i corridoi della Fiera, arriverà qualche hostess per battere scontrino: «Ci scusi, ha consumato troppe sinapsi. Fanno 5mila euro. Più Iva». Intanto, ieri, in questa specie di Giochi senza frontiere, è arrivato il ministro della Cultura Alessandro Giuli che, di fronte alle polemiche sugli aiuti di Stato al cinema, ha ribadito l’importanza del dialogo: «Aumentano le firme di registi e attori contro di me?», ha dichiarato. «Dico che ha ragione il “comandante” Favino quando dice che bisogna dialogare. Servono ponti, serve confronto, non negherò mai dialogo e confronto civile».