Il martello ritrovato nel canale di Tromello, a pochi chilometri da Garlasco e nei pressi della casa di campagna che apparteneva ai nonni delle gemelle Paola e Stefania Cappa, non è a “coda di rondine” come quello sparito (la scomparsa era stata denunciata il 14 luglio 2008 dal padre di Chiara) dal seminterrato di casa Poggi, ma non per questo va escluso dalle possibili armi del delitto. Anzi. Perché l’oggetto ripescato insieme con un attizzatoio da camino, il manico e la testa di un’ascia - è la testa di una mazzetta da muratore e fa tornare d’attualità una pista (un’altra) abbandonata, forse con troppa fretta e superficialità, nei giorni subito dopo il delitto di Chiara Poggi, trovata morta nella villetta di via Pascoli il 13 agosto 2007. Proprio una settimana più tardi, il 20 agosto, infatti, si era presentato ai carabinieri di Garlasco un artigiano edile di 33 anni che, con la sua impresa, stava lavorando «da circa 3 mesi alla ristrutturazione della sede della Croce Garlaschese».
L’uomo aveva spiegato ai militari che «abitualmente gli attrezzi di lavoro vengono ritirati in un cassone per i ferri, ma può capitare che a volte i piccoli attrezzi non li ritiriamo e li lasciamo all’interno dei secchi da lavoro, sempre comunque all’esterno ma vicino al cassone». E, soprattutto, aveva raccontato che «una mattina di circa un 25-30 giorni fa, non mi ricordo esattamente il giorno, aprendo il cantiere, mi accorgevo che da un secchio da lavoro risultava mancante una mazzetta di piccole dimensioni dal peso di 1 kg».
Garlasco, ipotesi-choc: "Chiara Poggi ha pagato con la vita il suo rifiuto"
Nel 2007, Garlasco, un tranquillo centro della Lomellina, fu scosso dall’omicidio di Chiara Poggi, una ragazza ris...I carabinieri, allora, gli avevano domandato dove fosse di preciso il secchio con la mazzetta e lui aveva precisato che «il locale dove si trovava è un garage adibito a ricovero delle autoambulanze ed è di libero accesso agli addetti ai lavori ivi compresi i volontari della Croce Garlaschese. Preciso che la mazzetta asportatami non era nuova ed aveva ormai diversi anni, per cui ritengo che non fosse compitamente sagomata come una nuova». Una testimonianza cui ai tempi non era stato dato grande peso, anche se chi indagava sapeva benissimo che, per esempio, tra i volontari della Croce Garlaschese c’era anche Stefania Cappa, una delle gemelle cugine di Chiara Poggi (che non sono mai state indagate). «Il lunedì 6 agosto aveva dichiarato la ragazza il 15 agosto ai carabinieri di Vigevano - sono andata a casa della Chiara con la mia autovettura dopo essere passata per la sede della Croce Garlaschese dove svolgo l’attività di volontariato». E poi aveva aggiunto: «L’ultima volta che ho sentito telefonicamente Chiara è stata nella mattinata, non ricordo l’ora, di domenica 12 agosto quando le ho chiesto se veniva presso la sede della Croce Garlaschese ove svolgevo il turno, dalle 15 alle 19.30, di volontariato... Chiara mi rispose che alle 16 sarebbe andata da sola presso l’istituto Sassi di Gropello per trovare la nonna materna ivi ospitata aggiungendo che se rientrava prima delle 19.30 sarebbe passata dalla Croce Garlaschese, cosa che però non è avvenuta».
Il fatto che Stefania Cappa facesse la volontaria proprio lì non significa nulla, probabilmente è solo una coincidenza, ma è un particolare che, rivisto alla luce delle ultime ricerche - e dei ritrovamenti nel canale a Tromello, potrebbe spingere chi indaga a interrogare nuovamente, già nei prossimi giorni, sia lei che sua sorella Paola. Anche perche lo spunto per andare a perlustrare proprio quel tratto d’acqua, ai carabinieri, l’ha dato il racconto di un testimone che a Le Iene (e poi in procura), un paio di mesi fa, aveva svelato di aver sentito da una persona, alla presenza di un altro conoscente (entrambi però ora sono deceduti), il racconto secondo il quale l’uomo, la mattina dell’omicidio, avrebbe visto proprio Stefania Cappa arrivare in paese con una borsa molto pesante, l’avrebbe poi vista chiedere aun vicino le chiavi di quella casa di famiglia e, infine, avrebbe sentito un forte tonfo, come di un oggetto molto pesante gettato nell’acqua del canale.
Ricostruzione che, in parte, ricalca quella fornita nel 2007 da un altro testimone: Marco Muschitta. L’uomo, ai tempi dipendente dell’Asm Pavia, si era presentato volontariamente in procura a Vigevano 45 giorni dopo il delitto e tre giorni dopo il primissimo arresto di Alberto Stasi (poi condannato a 16 anni, nel 2015, dopo essere stato assolto nei primi due gradi di giudizio) e aveva spiegato che la mattina del 13 agosto, mentre era impegnato nell’ispezione di alcuni tombini comunali, aveva notato una ragazza bionda, individuata proprio in Stefania Cappa, pedalare a zig zag in sella una bicicletta nera con in un mano uno strumento da camino. Una deposizione, però, che a fine interrogatorio, a sorpresa e dopo un’ora di pausa, aveva stranamente e sorprendentemente ritrattato.